a pesca con mio fratello

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#Anakin

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c'era qualcosa di strano in quella giornata..
me ne accorsi fin dal risveglio

era piena estate..
la notte prima mio fratello mi raggiunse.. e scesimo in spiaggia. lui arrivò molto tardi saranno state le due di notte

c'era un gruppo di ragazzine del liceo in mare.. non troppo distante dalla riva.
mio fratello tirò fuori un cannone.. e disse.. "vuoi fumare?"
feci di no con la testa.. e lo lasciai fumare sulla riva da solo.

quel mare nero e quelle nuvole in lontananza viola, percorse ogni tanto da uno strano bagliore.. erano già sufficientemente surreali per fumarci anche sopra.

mi buttai in acqua, nudo.. quell acqua tiepida avvolgeva completamente il mio corpo e mi regalava una falsa illusione di volare.
arrivai fino alla boa rossa.. ma poi, preso dal ricordo di una vecchia osservai le nuvole viola e i lampi. e mi intimorì.
la vecchia disse di essere rimasta mezza paralizzata in volto, perché una volta con la tempesta non uscì dall' acqua. e mentre stava sulla sua barchetta a remi un fulmine colpì l'acqua vicino a lei. rendendola mezza sorda e paralizzata in volto.

con questa bella premessa comincio a ritornare a riva e nel frattempo comincia a piovere.. amo la pioggia
mio fratello mi raggiunge in acqua e rimaniamo vicino alla riva dove erano ancora rimaste quelle ragazze. nude
saranno state delle ragazze del liceo, dal modo in cui parlavano erano sicuramente borghesi. erano in cerchio a parlare del più e del meno.
avrei voluto che mio fratello conoscesse una di quelle ragazze, essendo loro coetaneo.

era incredibile la disinvoltura con la quale.. mezze nude stavano a parlare di cazzate assurde con quel accento tipico di milano. probabilmente tutte figlie di avvocati, medici o ragionieri. con quei piccoli seni all'insù, parlavano di ragazzi, di spiccioli gossip, dell' anno che le aspettava ritornate a milano.

noi eravamo come due naufraghi. due alieni che vagavano nel mare nero nella tempesta a cui quella dimensione era inaccessibile se non alla vista. potevamo vedere quelle ninfette, ma ci erano inaccessibili per gerarchia sociale. forse erano solo scuse, eravamo semplicemente persi nei nostri universi mentali e in quel clima surreale


"dai andiamo che si fa tardi" gli dissi.
uscimmo con la pelle secca. pieni di sale. come mi sentivo bene con mio fratello. sembrava l'unica cosa bella che fosse stata in grado di concepire la mia famiglia.
"ci stappiamo una birra?" proposi.. lui annuì

ci sorseggiammo una bella birra in cima alla collina.. con un po di musica. e poi cademmo in un profondo sonno, accompagnati dal nostro fedele lupacchiotto.. un po di musica. non penso esista un sonno più pacifico e ristoratore di quello. pareva di essere caduti in letargo


il giorno dopo appunto.. fin dall inizio c'era un clima surreale. c'era qualcosa che non andava, come essere catapultati all'interno di un romanzo.
preparammo l'attrezzatura, dovevamo provare la nuova fiocina
e in noi risuonava un antico spirito di cacciatori, di pescatori che volevano procurarsi un lauto pasto.
pinne, fiocine e boe. scendiamo per la collina come freschi ed energici lupi. affamati, carichi. forse anche dalle visioni della sera prima.

c'era qualcosa che non andava in quella giornata. non in un senso negativo ma neanche positivo
sembrava di vivere qualche realtà onirica antica. le nuvole.. le strade deserte, i negozietti semivuoti.

raggiungiamo a piedi una scogliera, rinomata per misteriose leggende. non c'era nessuno, il mare era nero e cominciò a piovere. le nuvole non lasciavano presagire nulla di buono, ma tutto questo non scalfì il nostro sogno e istinto di cacciatori e pescatori.
mio frartello nonostante fosse molto più piccolo di me si rivelava un prezioso compagno, caricò i fucili e si occupo di fare tutti i nodi necessari con le corde. trovammo un sentierino dal quale scendere, e con i nostri sacchetti ingombranti cominciammo a scendere.

il mare nero.. in quel clima surreale mi metteva un po di paura. non per altro.. sono sempre stato un discreto nuotatore.. ma la visione di una isola in lontananza.. il mare nero la pioggia.. nessuna anima nei dintorni.
il clima era a dir poco surreale. indossammo le pinne, boe , fucili in braccio.. trovammo una zona nascosta tra gli scogli dove nascondere telefoni.

mi avvicinai a qullo scoglio arrotondato e mi lasciai cadere nell abisso

non vedevo nulla.. solo alghe e scogli
le pinne mi conferivano una potenza innaturale . mi libravo quasi come un pesce col fucile sempre pronto..

di tanto in tanto la maschera si appannava.. quanto mi dava fastidio quella cosa. ogni volta a dover pulire quella maschera di merda!

perdo la concezione del tempo. cerco tra gli scogli.. probablimente per 15-20 minuti non trovando niente se non qualche pesciolino per cui non valeva neanche sparare un colpo per poi riavvolgere tutta la corda. alzo la testa e vedo mio fratello in lontananza.. è più vicino all'isola che a me. vedo una boa rossa.. saranno 500 metri almeno.. e comincio a preoccuparmi per lui. lo vedo troppo vicino all'isola circondata di minacciose nuvole e lampi.. piuttosto che alla riva e agli scogli..


cosi comincio ad urlare il suo nome.. ma non mi sente e così cominciò a nuotarli incontro.. avendo un bruttissimo presentimento che viene confermato da un minaccioso rombo nel cielo
 
Un tuono squarciò il cielo, il suo ruggito cavernoso riverberava attraverso le onde come il grido di un'entità primordiale. Un brivido di puro terrore mi percorse la spina dorsale mentre mi avvicinavo a mio fratello. Il mare, nero e turbolento, sembrava animarsi di una volontà propria, ostacolando il mio avanzare. Ogni colpo di pinna era un atto di sfida contro un nemico invisibile e malevolo.

Finalmente raggiunsi mio fratello. I suoi occhi, spalancati e colmi di una strana determinazione, riflettevano un bagliore innaturale. "Che diavolo fai così lontano?" urlai, cercando di sovrastare il fragore delle onde.

"L’isola… c’è qualcosa…" balbettò, indicando con un cenno della testa l’ombra minacciosa all'orizzonte.

Lo afferrai per il braccio, trascinandolo indietro con tutte le mie forze. "Non è sicuro, torniamo agli scogli!" gridai, il mio cuore martellante di paura e adrenalina. Le nostre pinne lavoravano freneticamente, ma il mare sembrava vivo, deciso a trattenerci tra le sue grinfie fredde e impetuose.

Con sforzi disperati, riuscimmo a malapena a tornare agli scogli, ansimando e con il cuore che batteva furiosamente. Mio fratello si aggrappò a una roccia, respirando pesantemente. "L’ho vista…" disse, quasi sussurrando, mentre le prime gocce di pioggia gelida ci colpivano. "Una luce sull’isola…"

Non risposi subito, cercando di recuperare fiato e lucidità. L'idea di una luce misteriosa, di un’isola avvolta in un’aura di pericolo e leggenda, sembrava troppo assurda, ma in quel momento, con il mare che ruggiva e il cielo che si apriva in lampi sinistri, tutto sembrava possibile. Un terrore arcaico si era impossessato di me, una sensazione che non potevo spiegare con la sola razionalità.

"Domani torniamo," dissi finalmente, fissando l’orizzonte oscuro con una determinazione che mascherava la mia crescente inquietudine. "Ma adesso dobbiamo andare via di qui."

Ritornammo a fatica su per la collina, bagnati e esausti. Il nostro lupacchiotto ci accolse con guaiti di preoccupazione, quasi percepisse la minaccia invisibile che gravava su di noi. Ci asciugammo e ci cambiammo in silenzio, la tensione palpabile nell’aria. La birra della sera prima sembrava un ricordo lontano, appartenente a un mondo più sicuro e conosciuto.

Passammo la notte a parlare di ciò che avevamo visto, e di cosa ci aspettava. Le ore passarono lente, e il sonno tardava ad arrivare, i nostri sogni popolati da visioni inquietanti di luci sinistre, isole lontane e ombre mostruose. Sembrava che un'antica malevolenza si fosse risvegliata dalle profondità marine, pronta a reclamare ciò che era suo.

All'alba, esausti ma risoluti, preparammo di nuovo le nostre attrezzature, avvolti da un silenzio carico di presagi oscuri. Le leggende, che il giorno prima sembravano solo storie per turisti, ora ci chiamavano con una forza irresistibile. Era come se fossimo spinti da un impulso ancestrale, un richiamo che non potevamo ignorare.

Ci incamminammo verso la scogliera, pronti a scoprire quali orrori celava quell’isola avvolta nel mistero. La consapevolezza di addentrarci in un territorio sconosciuto e potenzialmente letale ci opprimeva, ma un oscuro desiderio di svelare i segreti dell'abisso ci spingeva avanti. Ogni passo che facevamo ci avvicinava sempre di più a quel mondo nascosto, dove le leggende e la realtà si confondevano, e dove gli antichi terrori aspettavano pazientemente di essere risvegliati.
 
Ragazzi, non potete fare una sezione apposita per i racconti inventati?
La prima parte non era inventata.. comunque ci son già troppe sezioni..
Forse era meglio fare solo vita da brutto e valutazioni. E in vita da brutto buttarci tutto dentro
 
IMG-1949.jpg
Poi si aggiungeranno queste due se avrò voglia di continuare
IMG-1948.jpg
 
Perché c è un regolamento minimo per tutelare la dignità di sto posto ma anche per sicurezza
Come non puoi dire che i negri sono superiori o inferiori ai bianchi (anzi superiori puoi dirlo inferiori no a quanto pare)
Non puoi dire che tutti i gay siano pedofili, anche perché sarebbe una grave offesa

Non è che se uno è gay e automaticamente pedofilo ma che discorso è ..? Ora se smetti di inquinare il mio post grazie
 
Perché c è un regolamento minimo per tutelare la dignità di sto posto ma anche per sicurezza
Come non puoi dire che i negri sono superiori o inferiori ai bianchi (anzi superiori puoi dirlo inferiori no a quanto pare)
Non puoi dire che tutti i gay siano pedofili, anche perché sarebbe una grave offesa

Non è che se uno è gay e automaticamente pedofilo ma che discorso è ..? Ora se smetti di inquinare il mio post grazie
Mai detto che tutti i gay siano pedofili, apparte che parlavo di femminismo e non di gay… Andate a fare in culo io levo le tende
 
arrivati agli scogli.. venni colto da un cattivo presentimento.
"lasciamo tutto!" dissi a mio fratello
torneremo più tardi o domani

il mare agitato come non mai sembrava volere inghiottire qualsiasi cosa ci fosse caduta dentro.
"se entriamo in queste condizioni, potremmo non uscirne più" aggiunsi guardando mio fratello

mi ricordai di quella volta che con un kayak con un amico ci allontanammo dalla riva. e tramontato il sole nonostante stessimo remando con tutte le nostre forze non riuscivamo a muoverci di un metro.
questa era la forza del mare. se lo prendevi in un momento sbagliato era in grado di buttarti al largo o inghiottirti come nulla. e poi una volta che guardi giù e vedi il blu infinito con magari uno strapiombo di 200 metri.. se ti va bene
oppure al calar della sera nel buio più totale. la mia mente non era in grado di concepire incubo peggiore.
un mare nero, una forte corrente.. il buio e poi. la fine.

decisi che era il caso di bersi un bel bicchiere prima di cimentarci in una avventura del genere. avremmo potuto non fare mai più ritorno.

risalimmo gli scogli e ci dirigemmo verso il centro a piedi..
misi un braccio intorno alla spalla di mio fratello..

"ieri ce la siamo vista brutta" esclamai lasciandomi scappare una risata nervosa

mio fratello abbassò lo sguardo e tirò un sospiro di sollievo.. "ho visto una luce"

"non ti preoccupare, adesso andiamo a farci un goccetto da elvis, e tutto si risolve"
in un certo senso mi sentivo in colpa di mettere mio fratello minore sulla cattiva strada dell'alcol, ma dall'altra parte sapevo che lui non era come me. non era un ragazzo che si lasciava trascinare dai vizi e così mi sentii in un certo senso giustificato nel andarci a fare una bevuta.

dopo aver consumato un modesto pranzo a base di zuppa di pesce e pomodoro e qualche bruschetta e passeggiato per il centro cercando di alleggerirci un po, i erano fatte le 17.00. era ora di andare al bar.
il bar di elvis. locale, noto per la sua atmosfera decadente e la clientela variegata, era il posto ideale per dimenticare, anche solo per un po', il richiamo oscuro del mare.

era l'ora di berci su, ero indeciso se andare di birra alla spina o se ordinare un bel tequila con ghiaccio e fetta di limone.

giungiamo al bar di elvis. un omone grosso quanto viscido e taccagno. passava i minuti a spaccare il ghiaccio pur di riempire meno i bicchieri.

"per me fai una tequila bella piena con ghiaccio e una fetta di limone e sale su un piattino"
"per me una birra chiara alla spina" aggiunse mio fratello

ci accomodammo sulle poltroncine fuori dal bar aspettando i nostri drink..

"ci dobbiamo andare oggi"disse mio fratello..
non feci in tempo a rispondere che i nostri drink, ghiacciati si presentarano al tavolo. accompagnati da un posacenere

"ora vediamo" sussultai

cercai di mettere insieme le poche cose che sapevo su quell isola.
una piccola isola distante circa 5 chilometri dalla riva, inaccessibile a turisti ne visitatori. spesso pattugliata dalla guardia costiera.
pensai di prendere tempo, berci su e magari rimandare quell'avventura ad un altro giorno

stavamo sorseggiando in silenzio quando, all’improvviso, due ragazze apparvero sulla soglia del bar.

entrambe bionde e con occhi azzurri, la più giovane, pressapoco sui diciassette anni, aveva un'aria curiosa e innocente, mentre l'altra, più grande, sui ventiquattro, emanava un'aura di mistero e sicurezza. i loro tratti distintivi e il loro modo di fare lasciavano intuire che fossero straniere, forse provenienti da un paese nordico. si avvicinarono al nostro tavolo con movimenti leggeri ma al contempo goffi e scoordinati.

"ciao," disse la maggiore, con un sorriso enigmatico. "mi chiamo elsa, e questa è mia sorella lily."

ci presentarono con naturalezza, come se fosse la cosa più normale del mondo. "possiamo unirci a voi?" chiese elsa con un tono mellifluo. senza esitazione, facemmo spazio al tavolo e ordinammo altri drink. sinceramente non mi sembrava vero.

cominciammo a chiacchierare e, tra un sorso e l'altro, le ragazze si aprirono un po'. scoprii che elsa e lily erano in vacanza, viaggiando per l'europa in caccia da quello che sembrava palese, di problemi. il loro accento rivelava origini lontane, forse scandinave, e i loro racconti erano pieni di avventure passate in terre esotiche. mi venne il dubbio che la maggiore elsa, stesse inventando o gonfiando un po' le cose.

con il passare dei minuti e l'aumento dei bicchieri vuoti sul tavolo, il nostro spirito si alleggerì e la tensione iniziale si trasformò in una convivialità rilassata. decisi che era il momento di raccontare la nostra esperienza del giorno precedente, quando il mare ci aveva mostrato il suo volto più spaventoso.

raccontammo di come il mare si fosse trasformato in un nemico dalle onde minacciose nella tempesta. di una strana luce sull'isola e di come avevamo deciso di tornare indietro, sopraffatti da un presagio oscuro. elsa e lily ascoltavano con attenzione, i loro occhi azzurri fissi su di noi, come se cercassero di leggere tra le righe del nostro racconto.

"dev'essere stato spaventoso," disse lily, con una risatina quasi provocatoria. "ma c'è qualcosa di affascinante in quella storia. quell'isola... è un luogo di cui abbiamo sentito parlare." venì fuori che le ragazze avessero noleggiato per un paio di giorni una barchetta a motore, e ci proposero di tornarci insieme.

l'invito era irresistibile, specialmente dopo qualche bicchiere di troppo. la nostra mente, annebbiata dall’alcol, si riempì di immagini di avventure e misteri da svelare. senza pensarci troppo, accettammo.

per dirla tutta si aprirono nella mia mente anche diversi scenari tra il romantico e l'erotico che vennero bloccati da un eventuale imbarazzo di condividere tali fantasie con mio fratello.

"bene," disse elsa, il suo sorriso diventando ancora più misterioso. "partiremo stasera. preparatevi."
pensavo che fossero semplicemente ubriache. così rilanciai "partiamo subito". la sorella maggiore esitò per un attimo, e poi annui.

ci lasciarono con quelle parole, e noi finimmo rapidamente i nostri drink. il mio cuore batteva forte, non solo per l'eccitazione dell’avventura, ma anche per una strana sensazione indescrivibile con le sole parole.

ci dirigemmo verso il molo, dove la loro barchetta ci attendeva, un piccolo guscio di legno che sembrava poco più che un giocattolo contro l'immensità del mare. elsa e lily erano già a bordo, pronte per partire.
 
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