Gelointenso_isback
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Ci sarà un giudice a Berlino!
Questa frase, che è entrata nel linguaggio politico e giuridico, probabilmente non è mai stata pronunciata, ma, come “Eppur si muove” e “Il fine giustifica i mezzi”, anch’esse mai pronunciate da Galileo e Machiavelli, sintetizza bene il concetto che si vuole esprimere.
La frase ha origine da un fatto storico documentato avvenuto nel 1770 a Potsdam, nei pressi di Berlino e precisamente nei terreni prossimi aella reggia di Sans Souci.
Operava in quell’area un mulino affittato al mugnaio Arnold. Il mulino utilizzava le acque provenienti da un fiume della zona.
Un certo Barone von Gersdorf, proprietario dei terreni attraversati dal fiume, deviò gran parte della portata del fiume per costruire un lago artificiale, una pescheria. Il mulino di Arnold dovette fermare le macine e non potendo più lavorare iniziò a non pagare l’affitto e il Barone gli inviò lo sfratto.
Il mugnaio Arnold fece ricorso al giudice competente che, forse anche corrotto dal Barone, gli diede torto e confermò lo sfratto. Arnold, convinto delle proprie ragioni, fece appello ad un altro giudice di grado superiore, ma anch’esso diede ragione al Barone.
Arnold era amareggiato e rassegnato, ma la moglie, Rosina prese in mano la situazione, pronunciò la famosa frase “ci sarà pure un giudice a Berlino”, e iniziò a inviare istanze e ricorsi fino ai massimi organi giudiziari di Berlino che però anch’essi in diversi gradi di giudizio condannarono il mugnaio, con la motivazione che in base alla legge il fiume era di proprietà del Barone che ne poteva disporre come voleva. Rosina non si diede mai per vinta e continuò a lottare con carte e tribunali per anni fino a che la sua istanza arrivò sul tavolo del giudice supremo, il Re Federico II di Prussia, che, esaminate le carte della causa tra il mugnaio e il Barone, riconobbe le buone ragioni del mugnaio, perché, anche se formalmente legale, era ingiusto che si obbligasse a pagare un affitto per un bene non usufruibile.
Il Re non solo condannò il Barone, ma punì anche i vari giudici corrotti che avevano emesso le sentenze precedenti. L’assoluzione del mugnaio arrivò nel 1780, dopo 10 anni di processi.
La frase “ci sarà pure un giudice a Berlino” da allora è rimasta nell’immaginario giuridico come simbolica del contrasto frequente tra legalità e giustizia e del fatto che quest’ultima debba prevalere sulla prima.
La frase è anche simbolica della necessità di una Corte suprema che, indipendente e non condizionata da ogni altro organo, giudichi in base ai principi generali di civiltà e giustizia e non si limiti all’ applicazione formale delle norme.
Negli Stati democratici i principi sono enunciati nella Costituzione e la Corte Costituzionale ne applica i principi, se necessario scavalcando o annullando leggi ingiuste.
(fonte: E. Broglio, Il Regno di Federico di Prussia, detto il Grande, Roma, 1880)
Foto : ritratto di Federico II di Prussia di Antoine Pesne, pittore contemporaneo di Federico II
Questa frase, che è entrata nel linguaggio politico e giuridico, probabilmente non è mai stata pronunciata, ma, come “Eppur si muove” e “Il fine giustifica i mezzi”, anch’esse mai pronunciate da Galileo e Machiavelli, sintetizza bene il concetto che si vuole esprimere.
La frase ha origine da un fatto storico documentato avvenuto nel 1770 a Potsdam, nei pressi di Berlino e precisamente nei terreni prossimi aella reggia di Sans Souci.
Operava in quell’area un mulino affittato al mugnaio Arnold. Il mulino utilizzava le acque provenienti da un fiume della zona.
Un certo Barone von Gersdorf, proprietario dei terreni attraversati dal fiume, deviò gran parte della portata del fiume per costruire un lago artificiale, una pescheria. Il mulino di Arnold dovette fermare le macine e non potendo più lavorare iniziò a non pagare l’affitto e il Barone gli inviò lo sfratto.
Il mugnaio Arnold fece ricorso al giudice competente che, forse anche corrotto dal Barone, gli diede torto e confermò lo sfratto. Arnold, convinto delle proprie ragioni, fece appello ad un altro giudice di grado superiore, ma anch’esso diede ragione al Barone.
Arnold era amareggiato e rassegnato, ma la moglie, Rosina prese in mano la situazione, pronunciò la famosa frase “ci sarà pure un giudice a Berlino”, e iniziò a inviare istanze e ricorsi fino ai massimi organi giudiziari di Berlino che però anch’essi in diversi gradi di giudizio condannarono il mugnaio, con la motivazione che in base alla legge il fiume era di proprietà del Barone che ne poteva disporre come voleva. Rosina non si diede mai per vinta e continuò a lottare con carte e tribunali per anni fino a che la sua istanza arrivò sul tavolo del giudice supremo, il Re Federico II di Prussia, che, esaminate le carte della causa tra il mugnaio e il Barone, riconobbe le buone ragioni del mugnaio, perché, anche se formalmente legale, era ingiusto che si obbligasse a pagare un affitto per un bene non usufruibile.
Il Re non solo condannò il Barone, ma punì anche i vari giudici corrotti che avevano emesso le sentenze precedenti. L’assoluzione del mugnaio arrivò nel 1780, dopo 10 anni di processi.
La frase “ci sarà pure un giudice a Berlino” da allora è rimasta nell’immaginario giuridico come simbolica del contrasto frequente tra legalità e giustizia e del fatto che quest’ultima debba prevalere sulla prima.
La frase è anche simbolica della necessità di una Corte suprema che, indipendente e non condizionata da ogni altro organo, giudichi in base ai principi generali di civiltà e giustizia e non si limiti all’ applicazione formale delle norme.
Negli Stati democratici i principi sono enunciati nella Costituzione e la Corte Costituzionale ne applica i principi, se necessario scavalcando o annullando leggi ingiuste.
(fonte: E. Broglio, Il Regno di Federico di Prussia, detto il Grande, Roma, 1880)
Foto : ritratto di Federico II di Prussia di Antoine Pesne, pittore contemporaneo di Federico II