Fontamara
ǝɹɐuuɐƃuı̣ ı̣p ı̣poɯ ı̣ʌonu ɐʌoɹʇ 'ǝʇuǝɯ ǝʇuǝɯ ɐꓶ
L'organizzazione mondiale della sanità ha definito la solitudine un'emergenza, i disturbi psichici di ogni tipo sono in aumento.
Fino a qualche anno fa la gente comune aveva il tragitto già segnato: scuola, lavoro, famiglia, fine.
Le masse non si ponevano interrogativi, quella era roba da intellettuali (spesso soli).
Oggi, invece, qualsiasi tema è potenzialmente alla portata di tutti, siamo eruditi di nozionistica, ci interroghiamo quanto basta per rimanere senza risposte, sembra che ci facciamo domande per il solo gusto di rimanere in bilico.
Farsi domande non aiuta certo a stare meglio con gli altri, non in questa epoca, in cui ognuno ha sul comodino un libro motivazionale o di crescita personale.
C’è un anello che collega l’introspezione all’individualismo: il narcisismo.
Se l’introspezione, di per sé, non implica l’isolamento, il narcisismo ci porta a cercare l’io non come parte di un insieme, ma a porlo un gradino al di sopra degli altri.
Stiamo diventando una società di "single", non solo da un punto di vista delle relazioni sentimentali, siamo "single" ossia soli, entità singole sempre più isolate e lontane dal concetto di comunità.
L'Harvard Study of Adult Development, ossia il più lungo e accurato studio sulla felicità, iniziato nel 1938 e tutt'ora in corso, dice che: non è la fama, né la ricchezza e neanche il successo professionale a "fare la felicità", ma l'avere relazioni di qualità.
Chi ha relazioni forti, vive più a lungo, si ammala di meno e supera più facilmente i momenti difficili.
Insomma la felicità non la possiamo trovare dentro noi stessi, la dobbiamo cercare negli altri, eppure, abbiamo sfiducia nei confronti del prossimo, ci eleviamo, senza renderci conto che per gli altri il prossimo siamo noi.
Abbiamo aspettative nei confronti degli altri che noi per primi non sappiamo soddisfare.
Siamo più consapevoli, più narcisisti e più soli.
"Come corpo ognuno è singolo, come anima mai."
Fino a qualche anno fa la gente comune aveva il tragitto già segnato: scuola, lavoro, famiglia, fine.
Le masse non si ponevano interrogativi, quella era roba da intellettuali (spesso soli).
Oggi, invece, qualsiasi tema è potenzialmente alla portata di tutti, siamo eruditi di nozionistica, ci interroghiamo quanto basta per rimanere senza risposte, sembra che ci facciamo domande per il solo gusto di rimanere in bilico.
Farsi domande non aiuta certo a stare meglio con gli altri, non in questa epoca, in cui ognuno ha sul comodino un libro motivazionale o di crescita personale.
C’è un anello che collega l’introspezione all’individualismo: il narcisismo.
Se l’introspezione, di per sé, non implica l’isolamento, il narcisismo ci porta a cercare l’io non come parte di un insieme, ma a porlo un gradino al di sopra degli altri.
Stiamo diventando una società di "single", non solo da un punto di vista delle relazioni sentimentali, siamo "single" ossia soli, entità singole sempre più isolate e lontane dal concetto di comunità.
L'Harvard Study of Adult Development, ossia il più lungo e accurato studio sulla felicità, iniziato nel 1938 e tutt'ora in corso, dice che: non è la fama, né la ricchezza e neanche il successo professionale a "fare la felicità", ma l'avere relazioni di qualità.
Chi ha relazioni forti, vive più a lungo, si ammala di meno e supera più facilmente i momenti difficili.
Insomma la felicità non la possiamo trovare dentro noi stessi, la dobbiamo cercare negli altri, eppure, abbiamo sfiducia nei confronti del prossimo, ci eleviamo, senza renderci conto che per gli altri il prossimo siamo noi.
Abbiamo aspettative nei confronti degli altri che noi per primi non sappiamo soddisfare.
Siamo più consapevoli, più narcisisti e più soli.
"Come corpo ognuno è singolo, come anima mai."