All_Mein
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Non guardavo film da anni per via della decadenza del medium, ma a questo ho dato una possibilità senza pentirmene. È ambientato in Giappone e parla di un uomo sulla sessantina totalmente solo. Niente famiglia, niente moglie, niente figli, niente amici. Campa pulendo i cessi pubblici di Tokyo, come hobby legge e coltiva piante in casa. L'effetto è strano, appare come una persona assolutamente integrata, ma allo stesso tempo alienata, come se vivesse in un mondo tutto suo, separato da tutto il resto. Mi ha ricordato la vita di tanti incel. Ma, pur vivendo apparentemente una vita misera e triste, l'uomo sembra apprezzarla molto, con i suoi ritmi scanditi e la sua tranquillità, e la vive con una serenità invidiabile da chiunque. Nondimeno ci sono queste scene in cui osserva con preoccupazione un uomo anziano per strada, ormai malato e mentalmente instabile, completamente abbandonato a se stesso. La gente gli passa vicino, ignorandolo completamente. Forse intravede un ombra del suo destino, o l'altra faccia della sua esistenza. Il film non lancia un messaggio chiaro, lasciando molto ai pensieri dello spettatore, e a me ha fatto sorgere una domanda. C'è la possibilità, per chi vive nel disagio, di dare un posto a queste emozioni e renderle innoque? Oppure non c'è speranza? Ad esempio penso alla blackpill: un brutto, che proprio perchè brutto non avrà mai una vita emotiva e sessuale soddisfacente e soffrirà per questo, non ha altra strada che la rassegnazione e la sofferenza? O è possibile trovare la via della serenità e forse della felicità persino in una condizione simile? Io una risposta non ce l'ho sinceramente.