Cari amici,
sono passato per caso sul forum ed ho trascorso diverso tempo a sfogliare i vari thread. Devo confessarvi che l’emozione è stata notevole poiché mi sono riconosciuto perfettamente nelle parole scritte da moltissimi di voi, rivivendo con grande intensità delle emozioni e dei sentimenti che io stesso ho sperimentato in prima persona. Certe frasi e certe espressioni erano così incisive che avrei potuto benissimo sottoscrivere solo un po’ di tempo fa.
Come avrete forse immaginare dal tempo al passato, la mia situazione è ora profondamente diversa. Proprio per questo motivo ho pensato di raccontarvi la mia esperienza, sperando che il mio vissuto possa essere di aiuto e di incoraggiamento per qualcuno di voi. Fino a tempi relativamente recenti, i miei rapporti personali erano caratterizzati da una patologica timidezza a cui si univa una radicale e profondissima svalutazione delle mia qualità. Potete facilmente immaginare l’angosciante difficoltà di avvicinare una persona dell’altro sesso, il timore del rifiuto come pure la paralizzante sensazione di inadeguatezza. Il confronto con altri uomini era quanto più doloroso ed ansiogeno potessi immaginare: non solo cercavo di agire sempre da solo per evitare potenziali concorrenti e temibili guastafeste, ma posso assicurarvi che uno dei miei pensieri ricorrenti era proprio la frase “cos’ hanno gli altri che io non possiedo?” Una vita vissuta più da spettatore (spesso invidiando la disinvoltura, il carisma e la simpatia altrui) che non da protagonista.
L’esistenza – dicevo a me stesso – è come una bellissima festa per cui non avessi né l’invito né il vestito adatto. Tanto vale restare ai margini, guardare gli altri, struggersi nella rabbia, trovare soddisfazioni alternative (ma quali e a che prezzo?) ma soprattutto macerarsi nell’invidia bruciante. Lascio a voi immaginare quale fosse l’opinione che avevo di me stesso, in quale modo vedessi il mio futuro e quali cupi progetti avessi il mio avvenire, soprattutto sentimentale e di relazione. Non posso nemmeno dire che i miei approcci non funzionassero: non iniziavano nemmeno. La paura di essere giudicato, il terrore di un rifiuto, l’angoscia di essere messo a confronto con altri uomini (da cui mi vedevo separato da un distacco incolmabile) bastavano a tenermi alla larga da qualsiasi esperienza. Non c’è bisogno che io vi racconti tutto nei particolari: ho letto nel forum tante di quelle esperienze dolorose che non ho dubbi di essere compreso dalla maggior parte di voi.
Il punto di svolta è circa un anno fa, quando la sofferenza emotiva è diventata così forte da farmi riconoscere come la situazione sia ormai sfuggita al mio controllo, e che il disagio fosse ormai incontrollabile. In un impulso di coraggio decido di rivolgermi ad un professionista con cui inizio una terapia cognitivo – comportamentale. Nessun farmaco. Avevo, lo ammetto, delle aspettative piuttosto realistiche: non mi aspettavo miracoli, ma avevo semplicemente bisogno di qualcosa che riuscisse a tenere sotto controllo l’angoscia, soffocasse il dolore, mi facesse dimenticare i miei insuccessi in modo da rendermi possibile un vita più o meno normale. In altre parole avevo finito per accettare l’infelicità: chiedevo soltanto un aiuto esterno per renderla tollerabile.
Nove mesi dopo, sono convinto di aver preso la decisione più azzeccata della mia vita e sono pronto a sottoscrivere che mai denaro fu meglio speso. Non sto parlando di un miglioramento, ma di un capovolgimento totale.
sono passato per caso sul forum ed ho trascorso diverso tempo a sfogliare i vari thread. Devo confessarvi che l’emozione è stata notevole poiché mi sono riconosciuto perfettamente nelle parole scritte da moltissimi di voi, rivivendo con grande intensità delle emozioni e dei sentimenti che io stesso ho sperimentato in prima persona. Certe frasi e certe espressioni erano così incisive che avrei potuto benissimo sottoscrivere solo un po’ di tempo fa.
Come avrete forse immaginare dal tempo al passato, la mia situazione è ora profondamente diversa. Proprio per questo motivo ho pensato di raccontarvi la mia esperienza, sperando che il mio vissuto possa essere di aiuto e di incoraggiamento per qualcuno di voi. Fino a tempi relativamente recenti, i miei rapporti personali erano caratterizzati da una patologica timidezza a cui si univa una radicale e profondissima svalutazione delle mia qualità. Potete facilmente immaginare l’angosciante difficoltà di avvicinare una persona dell’altro sesso, il timore del rifiuto come pure la paralizzante sensazione di inadeguatezza. Il confronto con altri uomini era quanto più doloroso ed ansiogeno potessi immaginare: non solo cercavo di agire sempre da solo per evitare potenziali concorrenti e temibili guastafeste, ma posso assicurarvi che uno dei miei pensieri ricorrenti era proprio la frase “cos’ hanno gli altri che io non possiedo?” Una vita vissuta più da spettatore (spesso invidiando la disinvoltura, il carisma e la simpatia altrui) che non da protagonista.
L’esistenza – dicevo a me stesso – è come una bellissima festa per cui non avessi né l’invito né il vestito adatto. Tanto vale restare ai margini, guardare gli altri, struggersi nella rabbia, trovare soddisfazioni alternative (ma quali e a che prezzo?) ma soprattutto macerarsi nell’invidia bruciante. Lascio a voi immaginare quale fosse l’opinione che avevo di me stesso, in quale modo vedessi il mio futuro e quali cupi progetti avessi il mio avvenire, soprattutto sentimentale e di relazione. Non posso nemmeno dire che i miei approcci non funzionassero: non iniziavano nemmeno. La paura di essere giudicato, il terrore di un rifiuto, l’angoscia di essere messo a confronto con altri uomini (da cui mi vedevo separato da un distacco incolmabile) bastavano a tenermi alla larga da qualsiasi esperienza. Non c’è bisogno che io vi racconti tutto nei particolari: ho letto nel forum tante di quelle esperienze dolorose che non ho dubbi di essere compreso dalla maggior parte di voi.
Il punto di svolta è circa un anno fa, quando la sofferenza emotiva è diventata così forte da farmi riconoscere come la situazione sia ormai sfuggita al mio controllo, e che il disagio fosse ormai incontrollabile. In un impulso di coraggio decido di rivolgermi ad un professionista con cui inizio una terapia cognitivo – comportamentale. Nessun farmaco. Avevo, lo ammetto, delle aspettative piuttosto realistiche: non mi aspettavo miracoli, ma avevo semplicemente bisogno di qualcosa che riuscisse a tenere sotto controllo l’angoscia, soffocasse il dolore, mi facesse dimenticare i miei insuccessi in modo da rendermi possibile un vita più o meno normale. In altre parole avevo finito per accettare l’infelicità: chiedevo soltanto un aiuto esterno per renderla tollerabile.
Nove mesi dopo, sono convinto di aver preso la decisione più azzeccata della mia vita e sono pronto a sottoscrivere che mai denaro fu meglio speso. Non sto parlando di un miglioramento, ma di un capovolgimento totale.