Lavorando su alcuni di tali aspetti, e ipotizzando una circostanza virtuale di assenza di vento e di cielo perfettamente sereno durante l'intera notte polare, all'inizio del 1958 una ricerca dell'U.S. Weather Bureau concluse che la temperatura al suolo potrebbe abbassarsi sino a circa -200 °C (McCormick, 1958). In quei mesi, analoghe estrapolazioni furono compiute da fisici sovietici, che però giunsero a risultati profondamente diversi, indicando in 1 °C ogni 200 ore la perdita di calore, e ponendo il limite estremo a -80 °C, con uno scostamento di 2 °C in più o in meno (Shlyakhov, 1958; Krichak, 1964). Per inciso, tale disparità di vedute diede luogo a una polemica tra i fautori dell'una e dell'altra teoria (Stepanova, 1959; Wexler, 1959).