Quante volte nel forum abbiamo letto frasi del tipo <<per vivere ci vogliono gli spicci, tocca lavorare>>, <<se non lavori come mangi?>> ecc. Queste frasi mi hanno dato lo spunto per una riflessione molto più vasta, sul valore della vita e sul vivere a tutti i costi: il fare di tutto per sopravvivere mi appare come la più alta manifestazione di schiavitù.
Per sopravvivere, per vivere più a lungo possibile, si fanno tanti sforzi, fatiche, si accettano vergognosi ed umilianti compromessi con le proprie idee ed i propri sentimenti, si rinuncia alla propria identità, si sopportano gravi privazioni, si sopportano durissime condizioni di lavoro, di vita, si rinuncia ad una vita piacevole. La sensazione è che alla fine si fanno questi sacrifici per vivere più a lungo neppure per se stessi, ma per altre entità: banchieri, datori di lavoro, Stato, chiese ecc. A spingere le persone a questo fare di tutto per vivere sono la paura della morte, del dopo-morte, in quanto ciò costituisce un salto vero l' ignoto, un trovarsi in un ambito sconosciuto e poco noto, e un senso del dovere. L' organizzazione sociale spinge per una educazione a fare qualcunque cosa per vivere: prima il ricatto dell' inferno se non fai quello che dicono di fare gli altri, poi la credenza che dopo morti non ci sia niente, infine una morale del dovere, per cui bisogna comunque vivere, andare avanti, l' obiettivo, questo tutto moderno, della realizzazione personale o quanto meno del gruppo di appartenenza. E' un argomento tabù, Massimo Fini, giornalista anticonformista e radicale, denuncia nei suoi articoli come la morte sia esclusa dai dibattiti pubblici, come se fosse una cosa così ripugnante, spaventosa, da tenere più a distanza possibile, per l' etica moderna. La modernità nasconde la morte, però non pare altrettanto ripugnante vivere tenuti in vita da apparecchiature in un letto oppure vendere i propri figli per un tozzo di pane.
Se si perdesse questa spinta a vivere il più a lungo possibile scendendo a qualunque condizione spregevole e limitante, crollerebbe ogni sistema di potere: religione, politica, mondo del lavoro, banche ecc.
Nell' Inghilterra dell' 800, i minatori, oppressi dalle terribili condizioni di vita, avevano preso a lasciarsi morire, passivamente; così finì che la gran parte dei capitalisti si sveglio e decise di migliorare le condizioni dei lavoratori delle miniere, per opportunismo soprattutto, perché ci si rese conto che la rinuncia all' istinto di sopravvivenza dei minatori li privava delle preziose risorse umane, quindi meglio dare condizioni di lavoro più umane, affinché riprendessero la spinta a vivere.
E VOI, COSA NE PENSATE?
Per sopravvivere, per vivere più a lungo possibile, si fanno tanti sforzi, fatiche, si accettano vergognosi ed umilianti compromessi con le proprie idee ed i propri sentimenti, si rinuncia alla propria identità, si sopportano gravi privazioni, si sopportano durissime condizioni di lavoro, di vita, si rinuncia ad una vita piacevole. La sensazione è che alla fine si fanno questi sacrifici per vivere più a lungo neppure per se stessi, ma per altre entità: banchieri, datori di lavoro, Stato, chiese ecc. A spingere le persone a questo fare di tutto per vivere sono la paura della morte, del dopo-morte, in quanto ciò costituisce un salto vero l' ignoto, un trovarsi in un ambito sconosciuto e poco noto, e un senso del dovere. L' organizzazione sociale spinge per una educazione a fare qualcunque cosa per vivere: prima il ricatto dell' inferno se non fai quello che dicono di fare gli altri, poi la credenza che dopo morti non ci sia niente, infine una morale del dovere, per cui bisogna comunque vivere, andare avanti, l' obiettivo, questo tutto moderno, della realizzazione personale o quanto meno del gruppo di appartenenza. E' un argomento tabù, Massimo Fini, giornalista anticonformista e radicale, denuncia nei suoi articoli come la morte sia esclusa dai dibattiti pubblici, come se fosse una cosa così ripugnante, spaventosa, da tenere più a distanza possibile, per l' etica moderna. La modernità nasconde la morte, però non pare altrettanto ripugnante vivere tenuti in vita da apparecchiature in un letto oppure vendere i propri figli per un tozzo di pane.
Se si perdesse questa spinta a vivere il più a lungo possibile scendendo a qualunque condizione spregevole e limitante, crollerebbe ogni sistema di potere: religione, politica, mondo del lavoro, banche ecc.
Nell' Inghilterra dell' 800, i minatori, oppressi dalle terribili condizioni di vita, avevano preso a lasciarsi morire, passivamente; così finì che la gran parte dei capitalisti si sveglio e decise di migliorare le condizioni dei lavoratori delle miniere, per opportunismo soprattutto, perché ci si rese conto che la rinuncia all' istinto di sopravvivenza dei minatori li privava delle preziose risorse umane, quindi meglio dare condizioni di lavoro più umane, affinché riprendessero la spinta a vivere.
E VOI, COSA NE PENSATE?