Egregissime amiche e magnifici amici,
Dopo un breve consulto in privato con il nostro comune amico e moderatore @Avanguardia , vi racconterò oggi i dettagli dell'ultima esplorazione nel bosco che lo ha riguardato personalmente

. Sono lieto di annunciarvi che il nostro, ha finalmente conosciuto una donna di leggiadra bellezza e, pertanto, mi accingo a narrarvi i fatti esattamente così come io li ho conosciuti e ricevuti.
Il bosco di Montes era quieto, come sempre in quei giorni d’estate sarda in cui l’aria trema sulle rocce granitiche e il canto delle cicale sembra l’ultimo respiro del mondo. Lì, ogni mattina, si presentava Avanguardia — uomo sulla cinquantina, capelli radi come i cespugli di mirto in agosto, sguardo spento e voce monocorde.
Disoccupato da dodici anni, ex tecnico del turismo (specializzato in "percorsi escursionistici a basso impatto", mai realizzati), Avanguardia aveva trasformato il bosco nel suo ufficio immaginario. Parlava con chiunque: escursionisti, pastori, cinghiali. Ma soprattutto, parlava. Di nuraghi poco visitati. Di sentieri mal segnalati. Di come il patrimonio archeologico sardo fosse sottovalutato. Di quanto fosse importante la cartellonistica ecocompatibile.
Le donne che incontrava lo ascoltavano per un minuto. Poi scappavano. Una volta una ragazza svizzera lo filmò convinta fosse un documentario sull’uomo medio sardo. Poi cancellò il video per pietà.
Ma Avanguardia non si arrendeva. Sperava. Sperava che un giorno qualcuno lo vedesse non come un povero disoccupato con la passione per i menhirs, ma come un uomo… profondo.
Fino a quel pomeriggio.
Il sole calava dietro i monti di Alà dei Sardi, tingendo il fiume di Silene di riflessi rossastri. E lì, nell’acqua bassa, c’era lei. Nuda, splendente, i capelli sciolti come alghe di profondità antica. Sembrava una dea uscita da un tempio nuragico, una figura di quelle che lui aveva descritto mille volte nei suoi relitti di progetti mai finanziati.
Avanguardia si avvicinò, il cuore che batteva come un tamburo sardo fuori tempo.
— Buonasera — disse, con voce tremante. — Questo tratto di corso d’acqua è particolarmente interessante dal punto di vista geomorfologico. In epoca romana, qui sorgeva probabilmente un piccolo culto legato alle ninfe fluviali. Lei, per caso, è del posto?
La donna lo guardò. Sorrise. Un sorriso lento, dolce, che sembrava accoglierlo dopo una vita di rifiuti.
— Sì — disse. — Sono di qui. Da molto, molto tempo.
Avanguardia arrossì. Finalmente qualcuno lo ascoltava. Qualcuno capiva.
— Sa — continuò, — ho fatto domanda per un bando regionale sul turismo esperienziale. Parlavo proprio di questo luogo. Lo chiamavo "Il Percorso delle Acque Segrete". Ma non mi hanno risposto.
Lei annuì, seria. — Ti ascolto, Avanguardia.
E fu allora che, per la prima volta, si sentì visto. Non come un fallito, ma come un uomo con una missione. Emozionato, si tolse le scarpe, entrò nell’acqua e cominciò a raccontare. Del santuario di Santa Vittoria. Della pietra verde di Mont’e Prama. Della sua idea per un’app dedicata ai siti archeologici poco noti.
Lei lo lasciò parlare. Poi, piano, gli prese la mano.
— Vieni — sussurrò. — Ti mostrerò qualcosa che nessuno ha mai visto.
Avanguardia, felice, la seguì. L’acqua saliva. Fredda. Fonda.
Solo quando furono sott’acqua, quando i polmoni cominciarono a bruciare e la luce svanì, capì.
Gli occhi di lei non erano umani. La sua pelle non era pelle. Era qualcosa di antico. Di affamato.
E la voce che sentì, mentre affondava, non era più dolce:
— Grazie per le informazioni. Da secoli nessuno mi parlava dei nuraghi.
Adesso, resterai con me.
Per sempre.
Nel silenzio che meriti.
Il corpo di Avanguardia non fu mai ritrovato.
Solo, qualche settimana dopo, un escursionista trovò il suo taccuino bagnato sulla riva, aperto su una pagina:
"Progetto: Il Percorso delle Acque Segrete.
Tappa 3: Fiume di Silene.
Nota: evitare contatti con entità acquatiche. Potrebbero essere interessate al patrimonio culturale. E a te."
Da allora, dicono che certe sere, quando il vento scende dai monti, si senta una voce sommessa recitare, sott’acqua, la classificazione dei complessi nuragici.
E nessuno osa ascoltare fino in fondo.

Vostrissimo
MERUEM
Dopo un breve consulto in privato con il nostro comune amico e moderatore @Avanguardia , vi racconterò oggi i dettagli dell'ultima esplorazione nel bosco che lo ha riguardato personalmente



Il bosco di Montes era quieto, come sempre in quei giorni d’estate sarda in cui l’aria trema sulle rocce granitiche e il canto delle cicale sembra l’ultimo respiro del mondo. Lì, ogni mattina, si presentava Avanguardia — uomo sulla cinquantina, capelli radi come i cespugli di mirto in agosto, sguardo spento e voce monocorde.
Disoccupato da dodici anni, ex tecnico del turismo (specializzato in "percorsi escursionistici a basso impatto", mai realizzati), Avanguardia aveva trasformato il bosco nel suo ufficio immaginario. Parlava con chiunque: escursionisti, pastori, cinghiali. Ma soprattutto, parlava. Di nuraghi poco visitati. Di sentieri mal segnalati. Di come il patrimonio archeologico sardo fosse sottovalutato. Di quanto fosse importante la cartellonistica ecocompatibile.
Le donne che incontrava lo ascoltavano per un minuto. Poi scappavano. Una volta una ragazza svizzera lo filmò convinta fosse un documentario sull’uomo medio sardo. Poi cancellò il video per pietà.
Ma Avanguardia non si arrendeva. Sperava. Sperava che un giorno qualcuno lo vedesse non come un povero disoccupato con la passione per i menhirs, ma come un uomo… profondo.
Fino a quel pomeriggio.
Il sole calava dietro i monti di Alà dei Sardi, tingendo il fiume di Silene di riflessi rossastri. E lì, nell’acqua bassa, c’era lei. Nuda, splendente, i capelli sciolti come alghe di profondità antica. Sembrava una dea uscita da un tempio nuragico, una figura di quelle che lui aveva descritto mille volte nei suoi relitti di progetti mai finanziati.
Avanguardia si avvicinò, il cuore che batteva come un tamburo sardo fuori tempo.
— Buonasera — disse, con voce tremante. — Questo tratto di corso d’acqua è particolarmente interessante dal punto di vista geomorfologico. In epoca romana, qui sorgeva probabilmente un piccolo culto legato alle ninfe fluviali. Lei, per caso, è del posto?
La donna lo guardò. Sorrise. Un sorriso lento, dolce, che sembrava accoglierlo dopo una vita di rifiuti.
— Sì — disse. — Sono di qui. Da molto, molto tempo.
Avanguardia arrossì. Finalmente qualcuno lo ascoltava. Qualcuno capiva.
— Sa — continuò, — ho fatto domanda per un bando regionale sul turismo esperienziale. Parlavo proprio di questo luogo. Lo chiamavo "Il Percorso delle Acque Segrete". Ma non mi hanno risposto.
Lei annuì, seria. — Ti ascolto, Avanguardia.
E fu allora che, per la prima volta, si sentì visto. Non come un fallito, ma come un uomo con una missione. Emozionato, si tolse le scarpe, entrò nell’acqua e cominciò a raccontare. Del santuario di Santa Vittoria. Della pietra verde di Mont’e Prama. Della sua idea per un’app dedicata ai siti archeologici poco noti.
Lei lo lasciò parlare. Poi, piano, gli prese la mano.
— Vieni — sussurrò. — Ti mostrerò qualcosa che nessuno ha mai visto.
Avanguardia, felice, la seguì. L’acqua saliva. Fredda. Fonda.
Solo quando furono sott’acqua, quando i polmoni cominciarono a bruciare e la luce svanì, capì.
Gli occhi di lei non erano umani. La sua pelle non era pelle. Era qualcosa di antico. Di affamato.
E la voce che sentì, mentre affondava, non era più dolce:
— Grazie per le informazioni. Da secoli nessuno mi parlava dei nuraghi.
Adesso, resterai con me.
Per sempre.
Nel silenzio che meriti.
Il corpo di Avanguardia non fu mai ritrovato.
Solo, qualche settimana dopo, un escursionista trovò il suo taccuino bagnato sulla riva, aperto su una pagina:
"Progetto: Il Percorso delle Acque Segrete.
Tappa 3: Fiume di Silene.
Nota: evitare contatti con entità acquatiche. Potrebbero essere interessate al patrimonio culturale. E a te."
Da allora, dicono che certe sere, quando il vento scende dai monti, si senta una voce sommessa recitare, sott’acqua, la classificazione dei complessi nuragici.
E nessuno osa ascoltare fino in fondo.

Vostrissimo
MERUEM