Dipendenza da social: solo un ragazzo su tre è consapevole del rischio di svilupparla

mcanrew

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https://www.corriere.it/salute/figl...la-7dcfd853-309d-43cc-b407-1b59e5070xlk.shtml

Che il rapporto con i social assuma sempre di più il connotato di una dipendenza, è una dato ormai assodato della letteratura scientifica. E senza gli strumenti adatti allo sviluppo dei necessari «anticorpi», si rischia pure l'assuefazione. Lo dimostra anche una ricerca svolta dal Dipartimento Salute della Donna e del Bambino dell'Università e dell'Azienda Ospedale di Padova, nell'ambito del progetto «Salute, Giovani e Stili di Vita»: solo il 34% dei giovani ha consapevolezza del rischio di sviluppare una dipendenza da social e meno del 10% ne riconosce i danni derivati dal loro utilizzo non responsabile. Siamo dunque di fronte ad una generazione di iperconnessi.

Questi temi sono stati implementati con un grande importante tema che è entrato prepotentemente nella vita di grandi e piccoli: l’aumento trasversale di aggressività - che putroppo in alcuni casi degenera in violenza - in molteplici ambiti sociali, familiari, scolastici.
 
Oh no, che peccato, un aumento trasversale di aggressivita! Dobbiamo proteggere la nostra utopia femminista: prima le np e i bambini, specialmente i bambini np!!1!1!!111
 
Il punto è che, in un mondo normale, dovrebbero esserci tassi di violenza 100 volte maggiori rispetto a quelli che vediamo ora, dato che negli ultimi decenni il popolo ha subito di tutto: distruzione della cultura, musica di merda, sport truccati, tv spazzatura, vestiti spazzatura, cibo avvelenato, aria inquinata, manutenzione inesistente, politica corrotta, immigrazione incontrollata, eliminazione del welfare, eliminazione diritti e diritti sul lavoro, eliminazione diritti dell'uomo, violazione costituzione e sperimentazione di massa in periodo covid ecc...

Ci sarebbero i presupposti per una rivoluzione francese, eppure la gente sta davanti ai social...
 
Siamo di fronte ai soliti limiti del liberismo selvaggio, così inattuale in questo tempo: si spaccia la “solitudine” della persona di fronte a problemi immensi come la sua “libertà”. È vero l’opposto: oggi la solitudine, favorita dalla rivoluzione digitale, è sinonimo di oppressione della persona e di rifiuto di essere uniti nell’affrontare il futuro. Occorre una dimensione della politica forte, in grado di guidare e orientare l’innovazione che nel tempo del digitale vede giganti attori privati condizionare indisturbati economie, culture e modelli di vita.
 
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