forse il mio contributo suonerà banale, tuttavia provo ad esprimermi comunque. una delle cose che più mi sta a cuore e che è stata sottolineata è stata la necessità di fuoriuscire dalla narrazione tossica per cui un ragazzo e un uomo che mostri maggiormente il proprio lato emotivo viene immediatamente etichettato come un debole. sono d'accordo sul fatto che a partire dalle famiglie, ben prima che dalle scuole, dovrebbe essere implementato un lavoro educativo volto a una maggiore comprensione ed accettazione di queste dinamiche da parte di entrambi i sessi, che ci possano portare a vivere anche in un contesto di coppia secondo modalità finalmente più piene e soddisfacenti che rifuggono dai soliti stereotipi. tuttavia non posso fare a meno di domandarmi fino a che punto la cultura possa influenzare la natura. ovvero, al netto di un lavoro di questo genere, siamo in fondo veramente sicuri che un uomo maggiormente emotivo, fragile, sensibile piaccia davvero alle donne? fino a che punto le nostre aspettative in campo romantico e sentimentale sono compatibili e quando invece cominciano ad entrare in profondo contrasto con le modalità legate al nostro istinto evolutivo? non è un atto di accusa da parte mia, è solo una domanda. mi piacerebbe poterne sapere di più se qualcuno ritiene di poter rispondere adeguatamente.
Tieni sempre in conto che alla
società, come ente astratto, poco o pochissimo importa del benessere dei suoi membri. Lo scopo di un tessuto sociale è sopravvivere e riprodursi e trasmettere i suoi valori; se gli uomini sono felici o tristi o qualsiasi altro sentimento intermedio importa solo nella misura in cui questo giova alla produttività e alla partecipazione positiva al modello dominante.
Ciò detto: il tentativo di rendere i maschi meno aggressivi, indipendenti e autonomi è in corso da moltissimo tempo, da molto prima di internet e anche della televisione. Lessi tempo addietro che tutto il modello di scuola pubblica in fondo è un passo in questa direzione: non si può litigare fisicamente, si sta continuamente seduti, si parla solo se si ha il permesso, ciò che viene valutato positivamente è l'ordine, l'aderenza al compito assegnato e la diligenza, tutte caratteristiche che erano tipicamente associate con il ruolo di genere della
donna, e non del maschio. L'obiettivo di questa disciplina era creare buoni lavoratori da fabbrica, cioè persone capaci di accettare un dominio astratto e una gerarchia poco naturale - se ci pensi, i contadini medievali accettavano (e non sempre) il dominio del signore perché il signore era prima di tutto un guerriero addestrato e meglio armato, che poteva facilmente affrontare dozzine di sottoposti. Ad ogni modo, anche in questo sistema così restrittivo, ai maschi veniva comunque concessa una certa libertà, che era indispensabile per evitare che diventassero
troppo feminilizzati e inutili in caso di conflitto; gli uomini della silent generation e greatest generation erano già
molto meno violenti dei loro padri e nonni, ma comunque controllavano ancora la società e soprattutto la loro famiglia in modo che oggi ci sembrerebbe molto autoritario.
Il modello di cui parli - uomini costantemente aperti ai loro sentimenti, molli, fragili, bisognosi d'aiuto - serve perché la società che viviamo è post-industriale, e la sua gerarchia ancora più astratta e insensata. Per far sì che i maschi si conformino a regole che non hanno nessun senso e li penalizzano bisogna compiere un ulteriore passo e privarli di quel poco di mascolinità che ancora avevano; quando dico mascolinità voglio che sia
chiaro che non intendo inutili sfoggi di violenza, stupidità esibita e incapacità di provare emozioni - tutte cose posticce - ma piuttosto della natura capacità di dire
no, basta, questa è la mia posizione. Mi riferisco alla capacità di risolvere conflitti anche seri senza ricorrere all'autorità e soprattutto di accettare stoicamente la propria condizione e trarne il meglio - a mio giudizio non c'è uomo più virile di Michel Petrucciani, per dire.
Hai ragione nel dire però che si sta arrivando al limite di quello che la biologia consente di fare. Ci siamo molto vicini, oramai.