Blackpill [LA CRUDEZZA] Uno sguardo alla realtà: la dignità nel vivere.

Per verità assolute e disperate

Tony Ciccione

Well-known member
Whitepillato
"ALCUNE PERSONE NON SONO COMPATIBILI CON LA VITA"

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PRE-CONDIZIONE:
Premetto che non parlerò di estetica, perché sarebbe un discorso fin troppo banale. Partirò da un'assunzione molto forte: un uomo può essere 'semplificato' ad un automa. L'automa - per definizione - è il modello astratto di una macchina, che cambia stato in base a input ben definiti. Tradotto in parole semplici, un automa riceve un certo input e compie un'azione ben definita, senza essere ambiguo. So bene che è una semplificazione estrema, ma è necessaria.

INTRODUZIONE:
Noi in quanto esseri umani siamo animali sociali. Ma è sempre vero che - quando non in natura - abbiamo bisogno degli altri per vivere? La società di oggi è fortemente individualista, premia il migliore e la performance del singolo. Chiunque all'infuori di noi rappresenta (inconsciamente o meno) una minaccia, specialmente in alcuni settori lavorativi e situazioni della vita.

Fin qui ho detto delle banalità, ma voglio spingermi oltre: davvero ciò che noi definiamo come amore, amicizia e fratellanza, non sono che meri rapporti di forza e inutili sofisticazioni di ciò che più tritamente possiamo classificare come reazioni chimiche e istinto?
Credo che l'uomo si illuda di essere più di quello che è. Tra noi e un uomo di 35.000 anni fa non c'è alcuna differenza biologia di fatto, abbiamo solo sofisticato il nostro pensiero e dominato/represso i nostri istinti.

LA QUESTIONE:
L'uomo fa chimicamente ciò che un automa fa meccanicamente. In molte cose siamo guidati da istinti, istruzioni di base comuni a tutti gli esseri umani.
L'accoppiamento fa certamente parte di questi istinti, perché altrimenti non sarebbe possibile far progredire la specie. Anche la cooperazione tra i vari elementi della società è parte di questi istinti.

Un esperimento ha dimostrato che l'uomo ha bisogno di relazioni sociali, perché sarebbero niente di meno che un bisogno primario.
I volontari di questo esperimento erano persone che soffrivano di solitudine. Questi sono stati sottoposti a immagini di persone che si abbracciavano. I volontari sono stati in seguito messi a digiuno per 10 ore, e sottoposti poi ad immagini di cibo. Dagli scan celebrali si è evinto che la solitudine genera un intenso stress mentale, e che l'affetto e le relazioni con altri individui sono un bisogno primario per ogni essere umano.

IL QUESITO:
Non tutti gli esseri umani sono propensi alla socialità, anzi. C'è addirittura chi non sente affatto il bisogno di relazioni, prediligendo una vita eremitica.
Poi c'è chi ha una mente estremamente razionale, che trova insignificante - o circa - qualsiasi interazione sociale con altri esseri umani. Queste persone sperimentano un'estrema difficoltà nell'amicizia e nell'amore, e spesso sono disillusi sui rapporti interpersonali. L'esempio più eclatante penso sia Alan Turing, padre dell'informatica nonché uno dei più grandi matematici del secolo scorso.
Viene da chiedersi se queste persone siano un errore, oppure degli illuminati che hanno saputo elevarsi dalla condizione di primati, cancellando - o quasi - istinti e bisogni sociali. Resta comunque che nella loro immensa grandezza questi personaggi hanno sempre avuto tendenze suicide, e dilemmi esistenziali che li hanno portati a stati depressivi profondi. Di fatto, non sono compatibili con la vita.

Nella nostra superba ignoranza, che sia così anche per noi comuni mortali? Forse, al di là dell'intelligenza, non tutti sono compatibili con la vita...
 
Ultima modifica:
Per Nietzsche, il problema sarebbe la compatibilità con la vita nella sua verità più nuda, cioè come flusso caotico, privo di fondamento ultimo e attraversato da sofferenza e casualità. Molti non riescono a reggere questa verità, quindi ricorrono alle "menzogne necessarie" ergo le illusioni, che possono essere fede, mito o proprio l'imprescindibilità della propria rete sociale.

Turing rappresenta in questo senso un uomo che ha cercato di vivere nella pura razionalità, ma si è trovato schiacciato dai suoi conflitti interni (oltre che da un contesto sociale ostile). Non sarebbe classificabile come spirito libero, perché si è suicidato non riuscendo a sopportare il peso dell'esistenza, ma lo riterrei comunque tale: ha saputo vedere oltre il suo tempo e oltre le illusioni, di fatto stravolgendo il mondo (storicamente e culturalmente)

[ @Swiss_Soldier @rickkkk ] Se aveste voglia di partecipare alla discussione, mi farebbe molto piacere leggere la vostra opinione a riguardo. Leggete libri di un certo spessore, il vostro punto di vista sarà certamente tutt'altro che banale.
 
In parte sono d’accordo. È vero che la natura umana tende alla socialità ed è vero che esiste una minoranza che non sente questo bisogno in modo forte. Tuttavia, non possiamo ridurre il tutto a una questione di predisposizione individuale: la società contemporanea spinge sempre di più verso l’isolamento. La Matrix ha tutto l’interesse a produrre individui soli, frammentati, incapaci di creare legami autentici. Questo isolamento viene mascherato da una falsa libertà, da un individualismo competitivo che premia chi si adegua agli standard e scarta chi non li rispetta. Anche le dinamiche sessuali odierne che tanto critichiamo qua dentro, sapendo che l'amore al giorno d'oggi è ridotto a puro consumo, non sono altro che la manifestazione di questo meccanismo: rapporti svuotati di profondità che generano ancora più distanza. La vera soluzione, secondo me, non sta nel rimuovere i dogmi che ci impone questa società della ultracompetizione e degli standard da raggiungere a tutti i costi
 
La Matrix ha tutto l’interesse a produrre individui soli, frammentati, incapaci di creare legami autentici. Questo isolamento viene mascherato da una falsa libertà, da un individualismo competitivo che premia chi si adegua agli standard e scarta chi non li rispetta. Anche le dinamiche sessuali odierne che tanto critichiamo qua dentro, sapendo che l'amore al giorno d'oggi è ridotto a puro consumo, non sono altro che la manifestazione di questo meccanismo: rapporti svuotati di profondità che generano ancora più distanza.
Un'analisi che condivido in pieno. Il perfetto consumatore è un uomo solo, privo di alcun legame e principio.

// Aspetterei altri commenti, il tuo spunto di discussione è molto interessante. Spero ne esca fuori un dibattito di spessore.
 
Ci sono varie assunzioni errate o indimostrabili nel tuo discorso.
La premessa: l'uomo non è affatto semplificabile da un automa. In realtà, nessun animale è semplificabile da un automa, nemmeno i più semplici, questo perché gli esseri viventi non funzionano affatto come scatole di input-output, ma sono collegati in maniera decisiva all'ambiente circostante che li plasma con l'andare del tempo, l'aumentare delle interazioni e il percorso di sviluppo ontogenetico e filogenetico che è di una complessità incalcolabile. Se vuoi semplificare il tutto a una somma di interazioni in entrata-uscita credo che potresti farlo, ma 1) devi essere cosciente che la complessità di queste operazioni è tale da far risultare l'approccio inutile, e qualunque semplificazione si voglia operare è terribilmente grossolana, e 2) si perde qualcosa di indefinibile dell'essenza degli esseri viventi che ognuno di noi percepisce intuitivamente quando è a contatto con qualcosa di vivo ma che non sappiamo spiegare a parole.
Il nocciolo della questione: non è affatto chiaro che l'uomo sia un animale sociale per natura. Andrò in controtendenza al senso comune e alla scienza ordinaria e sosterrò che l'essere umano non è affatto nato per vivere in società ma vi è letteralmente costretto in quanto vi nasce e viene influenzato specialmente negli anni della crescita in modo tale che non gli risulta concepibile vivere in isolamento. Ci sono due esempi che possono dimostrare il fatto che l'uomo si trova in società per mera questione di abitudine e non per una qualche affinità naturale:
1) come fa notare Hobbes e gli etologi dopo di lui, gli animali sociali hanno un istinto che li spinge a cooperare ed instaurare una gerarchia in maniera quasi automatica: capiscono quali sono le loro posizioni e collaborano ad un obiettivo chiaro e condiviso da tutti. Niente di tutto ciò è vero per gli esseri umani, tant'è che c'è un continuo bisogno di elaborare leggi e codici per non far "sviare" gli interessi particolari dagli obiettivi ritenuti importanti.
2) i cosiddetti "bambini ferini", bambini abbandonati fin da piccoli e vissuti con gli animali, non hanno mai mostrato alcun desiderio di vivere in società, anzi, una volta catturati e ricondotti alla "civiltà" hanno sempre provato a scappare per tornare a vivere da soli nei boschi. Ciò potrebbe dimostrare che ina gran parte del senso di socialità è più un prodotto sociale che un istinto naturale.

In conclusione la mia opinione è che il rifiuto della socialità non è affatto innaturale o anomalo e non implica affatto un rifiuto o un'inettitudine alla vita: la vita in società non è l'unica vita contemplabile, lo è diventata solo negli ultimi tempi di sovrappopolazione e iperconnessione, ma sono sempre esistiti individui isolati che hanno condotto le loro esistenze nascostamente senza per questo disdegnare il concetto di vita. Ma fatto notare che queste persone si trovavano in un vero isolamento: l'esempio che citi tu di Alan Turing è quello di una persona che soffriva nel trovarsi in dinamiche sociali che non accettava ma che non vi ha mai rinunciato, altrimenti del resto non avrebbe mai potuto pubblicare i suoi lavori.
 
Ho letto ora e ti rispondo un po’ tardi, sono tornato da poco da lavoro. Allora io parto sempre dal presupposto che la solitudine scelta sia una cosa e la solitudine forzata un’altra ancora. Ma andiamo con ordine. È vero che biologicamente siamo animali sociali (esistenzialmente no, ma ci arrivo dopo), di fatto il cervello umano si è evoluto per stare a contatto con gli altri, ed è anche uno dei motivi per cui l’isolamento prolungato può produrre depressione e altre problematiche. Ma bisogna capire bene una cosa. Anzi, molte cose. La socialità nei giorni nostri, è sempre positiva? O spesso fonte di stress, frustrazione e competitività? Cosa significa per te “essere compatibili con la vita”? Esiste una compatibilità alla vita generale oppure può esistere una compatibilità alla vita differente da persona a persona? Perché qui bisogna capirci chiaro. Se parli di una compatibilità biologica mi verrebbe da dirti che si, le persone che hanno la tendenza all’isolamento e sviluppano in seguito certe problematiche derivanti dallo stesso, non sono compatibili con la vita biologicamente parlando. Ma esiste solo la compatibilità biologica? No, esiste anche una compatibilità esistenziale. Molte culture ad esempio esaltano la solitudine e l’individualità (nell’accezione più positiva del termine); Pensa al Buddha, alla Cultura Zen, alla cultura Taoista ecc ecc… Facciamo un esempio e poniamo per vero il fatto che per me compatibilità alla vita significhi lasciare un segno nella storia. La cultura Zen o in generale orientale, quanta saggezza e quanta profondità ha prodotto? Tantissima. Turing? Stessa cosa…Leonardo Da Vinci? Giacomo Leopardi? Per non parlare di tanti poeti maledetti che vissero nel periodo Decadentista. La vita di Turing probabilmente è valsa più di milioni di vite “socialmente accettate” o “biologicamente normali”. Oppure altro esempio, per me essere compatibili con la vita significa aver compreso, in una dimensione di accettazione e profondità, che magari questa vita che tutti osannano, non abbia chissà quale senso se non il fatto di viverla e basta, trovando un proprio modo per farlo. Quello che intendo io è che ognuno ha la propria forma di compatibilità alla vita, una forma che molto spesso non si trova poi conforme a quello che detta la società. E ciò non è immune appunto da sofferenza, punto primo, per il fatto che la società è costruita in una determinata maniera, punto secondo il desiderio di essere comunque compresi dal mondo circostante è atavico, e infine dal fatto che “non aver bisogno di” non significa essere forti o non essere immuni al dolore. In merito a Nietzsche, ha un pensiero così lucido e potente allo stesso tempo…Io penso che l’uomo non abbia bisogno di menzogne ma di profondità. Quando una persona ha fede non lo fa per mentire a se stesso, e non lo fa nemmeno credendo che sia una menzogna, ma voglia dare semplicemente un senso all’assurdità della vita, un senso all’assurdo. Poi la premessa dell’uomo paragonato all’automa secondo me è fuorviante, e condivido ogni parola di Cucuruz in merito a quel punto. Ora che scrivo mi stanno venendo in mente tante domande per andare avanti con il discorso o per permettere di andare avanti con la discussione, anche ad altre persone…La coscienza, ad esempio, è un dono o una condanna?
 
Per non parlare poi del concetto di socialità. Ora stiamo diventando animali social, non sociali. Il grande paradosso è che siamo la generazione che avrebbe meno motivi per provare noia, ma siamo la più annoiata di tutte. Questo però merita un altro approfondimento ma ora mi riposo un po, magari stasera se ne può parlare con più calma.
 
"ALCUNE PERSONE NON SONO COMPATIBILI CON LA VITA"

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PRE-CONDIZIONE:
Premetto che non parlerò di estetica, perché sarebbe un discorso fin troppo banale. Partirò da un'assunzione molto forte: un uomo può essere 'semplificato' ad un automa. L'automa - per definizione - è il modello astratto di una macchina, che cambia stato in base a input ben definiti. Tradotto in parole semplici, un automa riceve un certo input e compie un'azione ben definita, senza essere ambiguo. So bene che è una semplificazione estrema, ma è necessaria.

INTRODUZIONE:
Noi in quanto esseri umani siamo animali sociali. Ma è sempre vero che - quando non in natura - abbiamo bisogno degli altri per vivere? La società di oggi è fortemente individualista, premia il migliore e la performance del singolo. Chiunque all'infuori di noi rappresenta (inconsciamente o meno) una minaccia, specialmente in alcuni settori lavorativi e situazioni della vita.

Fin qui ho detto delle banalità, ma voglio spingermi oltre: davvero ciò che noi definiamo come amore, amicizia e fratellanza, non sono che meri rapporti di forza e inutili sofisticazioni di ciò che più tritamente possiamo classificare come reazioni chimiche e istinto?
Credo che l'uomo si illuda di essere più di quello che è. Tra noi e un uomo di 35.000 anni fa non c'è alcuna differenza biologia di fatto, abbiamo solo sofisticato il nostro pensiero e dominato/represso i nostri istinti.

LA QUESTIONE:
L'uomo fa chimicamente ciò che un automa fa meccanicamente. In molte cose siamo guidati da istinti, istruzioni di base comuni a tutti gli esseri umani.
L'accoppiamento fa certamente parte di questi istinti, perché altrimenti non sarebbe possibile far progredire la specie. Anche la cooperazione tra i vari elementi della società è parte di questi istinti.

Un esperimento ha dimostrato che l'uomo ha bisogno di relazioni sociali, perché sarebbero niente di meno che un bisogno primario.
I volontari di questo esperimento erano persone che soffrivano di solitudine. Questi sono stati sottoposti a immagini di persone che si abbracciavano. I volontari sono stati in seguito messi a digiuno per 10 ore, e sottoposti poi ad immagini di cibo. Dagli scan celebrali si è evinto che la solitudine genera un intenso stress mentale, e che l'affetto e le relazioni con altri individui sono un bisogno primario per ogni essere umano.

IL QUESITO:
Non tutti gli esseri umani sono propensi alla socialità, anzi. C'è addirittura chi non sente affatto il bisogno di relazioni, prediligendo una vita eremitica.
Poi c'è chi ha una mente estremamente razionale, che trova insignificante - o circa - qualsiasi interazione sociale con altri esseri umani. Queste persone sperimentano un'estrema difficoltà nell'amicizia e nell'amore, e spesso sono disillusi sui rapporti interpersonali. L'esempio più eclatante penso sia Alan Turing, padre dell'informatica nonché uno dei più grandi matematici del secolo scorso.
Viene da chiedersi se queste persone siano un errore, oppure degli illuminati che hanno saputo elevarsi dalla condizione di primati, cancellando - o quasi - istinti e bisogni sociali. Resta comunque che nella loro immensa grandezza questi personaggi hanno sempre avuto tendenze suicide, e dilemmi esistenziali che li hanno portati a stati depressivi profondi. Di fatto, non sono compatibili con la vita.

Nella nostra superba ignoranza, che sia così anche per noi comuni mortali? Forse, al di là dell'intelligenza, non tutti sono compatibili con la vita...
Non ho letto ma sembra un libro di filosofia dai titoli, e pensi che alle donne piacciano i filosofi incompresi???? Siamo proprio sicuri che il problema sia il mento e la mandibola?? 🤔🤔🤔🤔
 
Poi la premessa dell’uomo paragonato all’automa secondo me è fuorviante, e condivido ogni parola di Cucuruz in merito a quel punto.
Vorrei farvi notare che il modo di presentare la discussione era volutamente provocatorio. Non ho dato nemmeno una direzione così specifica, in modo che si potesse fare una sorta di brainstorming: non era un discorso, quanto un modo di iniziare una discussione, altrimenti ci sarebbe stato tanto - davvero tanto - da scrivere (@Cucuruz).

Condivido anche io i vostri punti. Fino ad ora, i punti della discussione sono:
1) L'uomo è davvero un animale sociale per natura?
2) La socialità nei giorni nostri, è sempre positiva?
3) "Compatibilità biologica" e "compatibilità esistenziale": il dono della coscienza è una condanna?

Mi prenderò del tempo per rispondere.
Sarebbero interessanti anche gli spunti di @rickkkk, che attualmente ha cose più importanti da fare che inutili seghe mentali. Hahaha.
 
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