da giovane inorridivo alla vista di quegli uomini soli al sabato sera, che consumavano birra, vuoti e stanchi al banco di un bar,
fissando la giovane barista nel pieno della sua gioventù.
Quando l'alcool prendeva il sopravvento, azzardavano una battuta, pessima, per rompere il ghiaccio e attaccar discorso.
La tipa fingeva di non sentire e proseguiva il suo lavoro sculettando e agitando le tette bene esposte.
L'uomo veniva freddato così e tornava al suo silenzio, alla sua malinconia, al suo guscio.
Crescendo mi sono accorto di avvicinarmi sempre più a quella figura triste e patetica.
Non sto in qualche bar con la birra in mano, ma vago comunque desiderando e morendo di fame per tutti gli amori che non ho vissuto.
Sono già quel povero uomo, sono già quegli uomini.
Niente sguardi, niente sorrisi, niente saluti fatti con affetto, nessun messaggio, nessuna conversazione, nessuna svolta alla propria vita.
Tra giovane e adulto io sono già finito.
Da qui alla vecchiaia non vedo altro che un Me fermo, ignorato, invisibile, stanco, abbattuto, depresso, senza possibilità di rivincita.
Così mi sento, albero secco a cui è mancata l'acqua delle emozioni, i cui frutti dell'amore prodotti, nessuno ha raccolto.