L'errore della sinistra

mcanrew

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La sinistra nasce con il più radicale dei messaggi ottimistici, ha inventato «il sol dell’avvenire» e ha promesso la definitiva liberazione dell’uomo dallo sfruttamento, mica quisquilie. Ora invece la nuova cultura politica che ne ha preso il posto, dopo aver fatto fuori quella vecchia pragmatica e progressista, è diventata pessimista, cupa, quasi catastrofista. Predica l’arrivo di un Armageddon, non di una Resurrezione.

L’angoscia climatica ne è forse l’esempio più formidabile. Non intendo le previsioni scientifiche su che cosa stia davvero accadendo all’ambiente, ma la retorica devastante di cui sono state rivestite. Gli oceani si solleveranno, i pesci nei mari moriranno, nuove specie animali prenderanno il sopravvento, l’umanità ne sarà condannata, siamo alle porte della «sesta estinzione di massa» dell’Antropocene: uno studente medio delle nostre scuole, in Occidente, più o meno ha capito questo del suo futuro. E non credo che la cosa sia estranea allo «spleen», al sentimento di disperazione quasi nichilistica che avvertiamo nel comportamento dei giovani.

Badate, non c’è bisogno di credere davvero in tutte quelle profezie di sciagura per cedere alla sfiducia nel futuro; basta vivere immersi nel clima culturale del nostro tempo, basta essere fan di una qualsiasi delle innumerevoli stelle dello star system che si sono schierate con Kamala Harris, per condividerne l’ansia climatica; anche se la più brillante tra loro, Taylor Swift, nel 2022 è stata considerata la celebrità più inquinatrice del pianeta per aver prodotto da sola più di ottomila tonnellate di CO2 in un anno, volando con i suoi jet privati per i concerti e le visite al fidanzato.

Perfino quando la sinistra dice che «la destra diffonde la paura», e ripete lo slogan di Roosevelt, «non dobbiamo avere paura che della nostra paura», in realtà sparge pessimismo sulle sorti della civiltà. Per esempio: dietro l’apertura ai movimenti migratori, fondata sulla scommessa dell’integrazione possibile, dell’altro che diventa «ospite» invece che «nemico», si intravede un pessimismo sostanziale sul mondo che verrà; perché dà per scontato lo svuotamento dell’Africa e il nostro inverno demografico, e non crede davvero nella possibilità di esportare il benessere in quel Continente investendovi, ma anzi propone di prendersi i suoi giovani come manodopera per salvare il nostro benessere, come faceva l’Impero Romano con la società servile di massa.

Un nuovo malthusianesimo fa pensare ai nipoti dei progressisti di un tempo che il progresso non basterà, che siamo già troppi sulla Terra, e che dunque in fin dei conti è più saggio non mettere al mondo figli destinati a un incubo. Ignorando gli incredibili salti di produttività agricola e industriale che hanno invece consentito negli ultimi due secoli e mezzo l’esplosione demografica: di cibo e di benessere oggi ne produciamo a sufficienza per tutti, se solo riuscissimo a farlo arrivare in quelle periferie del mondo oggi escluse dal vituperato sistema capitalistico.
 
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