Finalmente ho un po' di tempo per rispondere. Partiamo dalla premessa che quasi tutti i pazienti hanno problemi relazionali, magari non romantici o non legati al celibato involontario, ma qualcosa ce l'hanno, altrimenti difficilmente chiederebbero aiuto - a dispetto di quanto si dice, è raro che una persona chieda un colloquio solo per accrescimento personale. Nel mio lavoro difficilmente si pone il problema della sincerità, nel senso che il mio compito (tranne se non stiamo facendo coaching) non è dire cosa devi fare o nemmeno come dovresti comportarti o ancora qual è la tua condizione oggettiva, se non in rari casi; quello che si fa invece è cercare di mettere ordine nei pensieri e nelle valutazioni e provare a svilupparne di più coerenti. Questo significa che l'autostima della persona non viene mai intaccata? Certo che no: in molti casi basta l'aumento di consapevolezza per rendersi conto che la causa dei propri problemi è esterna e ineluttabile
Capisco l'acredine contro la mia categoria, non foss'altro perché è composta in misura schiacciante da donne. La psicologia - proprio come la medicina e tutte le altre forme di assistenza e supporto al benessere - è intrinsecamente legata al concetto della sopravvivenza dell'ordine costituito; in sostanza c'è un doppio interesse: fare stare bene la persona perché è un obiettivo umanamente desiderabile, ma anche perché una persona sana di mente e di corpo - dicotomia assolutamente superata, ma sempre presente - è utile e produttiva per la società nel suo insieme più di una malata e/o morta, com'è ovvio. Nel caso della psicologia però questo principio si scontra in molti casi con quello dell'onestà. In altre parole, se un medico può e deve dire al paziente che la causa del suo malessere talvolta è esterna e indipendente dalla sua volontà - un veleno inalato, una sostanza cancerogena assunta accidentalmente, una malattia autoimmune di cui non si conosce l'origine - nella psicologia c'è una tendenza esasperata a ripetere che l'origine e la soluzione sono invece sempre interne, e questo vale soprattutto per gli uomini; questo accade perché nel momento in cui lo psicologo ammette che la causa della sofferenza è indipendente dalla volontà e dalla cognizione del paziente, si apre uno scenario di grande impotenza, nel quale bisogna necessariamente affidarsi allo stoicismo e mettersi in modalità sopportazione, cosa che la società contemporanea in occidente guarda con orrore, tutta presa com'è dall'idea dell'eterno miglioramento.
Perché - pur in una versione affinata e un po' più variegata di quella standard - ritengo che il modello LMS descriva in modo funzionale il comportamento di metà dell'umanità quando il controllo sociale e soprattutto al struttura sociale vengono meno. Ho avuto modo di osservare personalmente infinite dimostrazioni di questo concetto e degli altri che negano la visione romantica-tradizionale (si fa per dire, diciamo romantico-moderna) delle relazioni.