Prima di lei, altre, come riferito dal circuito di conoscenze del ragazzino; e forse, tante altre.
Donne che a differenza di Maria Campai, la sera del 19 settembre convocata a Viadana, ventimila abitanti in provincia di Mantova, da
un 17enne per un incontro sessuale a pagamento dopo una precedente conoscenza sui siti di incontri,
non sono state aggredite. Oppure che, qualora picchiate dal medesimo
adolescente in carcere per l’uccisione della povera Maria, 42 anni,
separata, madre di due figli ventenni, si siano comportate come sovente capita nel mondo della prostituzione: per non avere noie avrebbero preferito non denunciare presentandosi da poliziotti o carabinieri, e
nemmeno andare in ospedale a farsi medicare le ferite poiché anche lì avrebbero dovuto fornire spiegazioni, e magari in aggiunta rivelare di non essere in regola con i documenti di soggiorno.
Nel breve e anonimo pregresso esistenziale del ragazzino, terzogenito di una coppia originaria dell’Albania,
assassino di Maria strangolata con una mossa da wrestling e colpita con pugni ripetuti e ovunque specie in viso, massacrata nel garage dell’abitazione di famiglia — il capo scaraventato più volte contro il muro — e nascosta cadavere sotto foglie e arbusti nel giardino di un’attigua villa disabitata dopo un litigio sui soldi, 350 euro richiesti anziché i 200 pattuiti, non risultano segnalazioni dalla scuola per comportamenti anomali. Cioè violenti, pericolosi.
Nell’istituto tecnico che forma elettricisti e frequentato dal 17enne, difeso dall’avvocato Paolo Antonini, egli stesso non avrebbe avuto atteggiamenti minacciosi, quantomeno ad ascoltare i professori.
Al contrario ecco il ritratto d’uno studente regolare, disciplinato, rispettoso della comunità. Il che data l’età da piena adolescenza, significa tutto e niente. Alla pari di quanto ripetuto da quel 19 settembre, un giovedì, dai parenti del ragazzino — oltre a mamma e papà ci sono le due sorelle, la maggiore delle quali incinta — non avendo costoro ravvisato sospetti.
Al solito anche in questo caso in televisione, nei programmi generalisti, si sono levate voci di presunti esperti ad analisi, commento, a interpretazione suprema e definitiva. E però
bisogna affidarsi agli esperti a cominciare dai professionisti che si occuperanno della perizia psichiatrica del ragazzino, pur ricordando come a questa età, neanche 18 anni per appunto, lo sviluppo cerebrale di una persona sia ancora a metà del percorso in modo particolare in aree fondamentali per la coscienza, la logica e altre funzioni essenziali.
Gli inquirenti proseguono nelle analisi in quanto non ogni dubbio aggiuntivo pare sia esser stato fugato, pur se, stante anche la progressione temporale, quasi derubricato; non risulterebbero complicità della famiglia contando sui seguenti fatti:
nel garage, dove si era consumato il rapporto sessuale con Maria, nata in Transilvania, in Romania, e sepolta domenica scorsa, prima dell’esplosione del furore del 17enne, erano rimaste tracce del delitto tra il disordine, macchie di sangue su arredi e pavimento, ulteriori schizzi ematici sugli attrezzi da pesi presenti in quel box, trasformato in palestra privata per pomparsi i muscoli e postare foto e video sui canali social.
Occultato il corpo, il killer era salito nell’appartamento per dormire. L’indomani aveva ripreso la routine mai manifestando nulla di particolare in gesti e parole. Idem a scuola coi compagni e nella palestra di Mma,
lo sport da combattimento che era e rimane sua ossessione. Insieme, a questo punto, alla ricerca di escort e all’organizzazione di appuntamenti sessuali da ambientare sempre in quel box. Difficile, forse impossibile considerando gli argomenti che abbiamo esposto all’inizio, che se venute a conoscenza della tragedia di Viadana le prostitute i mesi scorsi in compagnia del ragazzino possano comparire a un livello ufficiale, con magistrato, forze dell’ordine, per aggiungere elementi che aiutino a delineare il profilo dell’assassino, il quale da giorni esplorava Internet per studiare le
pratiche di sesso estremo e le tecniche d’uccisione a mani nude.
L’accusa comprende la premeditazione, e l’impianto della Procura di Mantova che coordina i carabinieri del Comando provinciale rende arduo, a processo, lo scenario di un’incapacità di intendere e volere.
L’aggancio a Maria era stato casuale: poteva essere lei come un’altra, il killer cercava una prostituta; Maria aveva bisogno disperato e urgente di denaro, si muoveva foss’anche notte avanzata accompagnata in macchina dalla sorella e un amico marocchino, nelle campagne e nei paesi tra l’Emilia e la Lombardia.