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Io credo che sotto l'attenzione dei riflettori, alcuni utenti si siano sentiti in dovere di "Difendersi" facendo post su eventi di cronaca che prima non si facevano perchè è solo ora che gli incel vengono incolpati di quello che fanno i bluepillati. E in questi post poi rispondono i blackpillati dando ai media quello che vogliono, perchè è ovvio che in un clima di pressione dici a un blackpillato "un tizio ha fatto x e y" il blackpillato che ti dice, dato che è incazzato? 1 Che è indifferente 2 Che gli fa piacere che altra gente soffra come lui. Se gli fai vedere certe notizie, lui risponde cosi. E in sti giorni si fanno post su sta cronaca perchè ci si sente attaccati, e si peggiorano solo le cose.Il linguaggio dell’odio si insinua, si mimetizza, si moltiplica nei sottoboschi digitali. Ma ogni parola lascia una traccia, soprattutto nel web. E su quelle ora si lavora. Silenziosamente. Perché un insulto, scritto in un angolo buio dell’internet, può non restare solo un insulto. Può diventare reato. E anche per chi scrive dietro un nickname, il tempo dell’anonimato potrebbe finire. Tra parole criptate e rabbia, i ragazzi che odiano le donne seminano insulti e si aggirano furtivi nei forum. È lì indaga, con attenzione, la Polizia Postale. Dopo l’inchiesta del Messaggero ora si accende il faro degli specialisti delle indagini digitali. I commenti sono esplosi dopo i femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula: decine e decine anche ieri. Nuove chat, nuovi canali, nuovi nickname. Tutti accomunati dallo stesso tono: nessuna pietà e in alcuni casi addirittura soddisfazione.
L’INCHIESTA
La realtà mimetizzata dell’odio ora ha smesso di essere invisibile. «Stiamo osservando e approfondendo il fenomeno che si sta diffondendo sempre di più», spiega Cristina Bonucchi, dirigente dell’Unità di analisi sul crimine della Polizia postale. «Giovani e adolescenti, isolati trovano rifugio online in queste comunità, qualcuno che li capisca. Ma finiscono in una bolla che li rinforza nelle convinzioni peggiori. Che li fa sentire legittimati. Bisogna analizzare l’entità degli insulti per capire quale reato si possa configurare». Nel frattempo, sotto pseudonimi e avatar, decine di utenti si scambiano opinioni, riflessioni, sfoghi. È il “Forum dei brutti”, la punta dell’iceberg. La violenza, nella forma non meno pericolosa delle parole, prende forma, cresce e si struttura. Le donne non possono entrare nei gruppi: bannate o marchiate accanto al nickname, sempre riconoscibili. «Non è semplice entrare in questi canali chiusi, ci vuole tempo. Ma leggendo, e imparando a poco a poco il loro gergo, si capisce tutto», raccontano gli investigatori.
IL DELIRIO
In una chat un utente scrive di Ilaria e Sara: «Quando sento notizie simili, una parte di me gode. L'altra è indifferente». Un altro: «Io onestamente di questa Sara me ne frego. Ha vissuto più lei in 22 anni che l’incel medio in tutta la sua vita. Non ci mancherà». Frasi simili o peggiori non passano inosservate. Per questo, adesso, si indaga. «Le persone si sentono più tutelate a parlare dietro uno schermo. È un fenomeno che conosciamo bene - continua Cristina Bonucchi - ma non è detto che restino invisibili. Stiamo lavorando anche su questo. Ci sono degli strumenti per scardinare i linguaggi criptati e individuare gli autori». Non si tratta solo di insulto. In rete si costruisce un clima, un umore, un vento che spinge in una direzione. «Ogni volta che si dà visibilità a questi spazi, il rischio è di amplificarli. Di farli diventare ancora più attrattivi». Al momento non c’è una connessione accertata tra i due femminicidi e il mondo digitale. Ma qualcosa si muove. Intanto, dentro “il forum dei brutti”, si discute dell’inchiesta. C’è chi scrive: «Esiste la libertà di espressione, può essere eticamente sbagliato ma nessuno vieta di dire che si è cercata la morte con un compagno sbagliato». E così la colpa viene sempre data alla vittima. Altri si dicono preoccupati: «A furia di farci pubblicità peggioreranno tutto e un giorno dovremmo nasconderci dentro casa». La morte di Sara e Ilaria viene liquidata con poche parole. «Se lo sono meritate» scrive uno. C’è chi va a ruota libera: «Rovinarsi la vita per una così? Ma dai, il mare è pieno di pesci». «Ste femministe hanno rotto, se vivessi in America avrei fatto una strage» aggiunge un altro. Un’escalation. Che non si ferma al commento. Che sfocia nel delirio ideologico, nella rabbia repressa, nella minaccia sottile. Dove gli idoli sono Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin e Antonio De Marco, il killer della coppia di Lecce. «La rete - ricorda la dirigente della polizia - purtroppo abbassa le difese, ma non toglie le responsabilità».
Ridicoli!!! Nessuno commette reati su questo spazio digitale, fin quando esprime solo opinioni...Il linguaggio dell’odio si insinua, si mimetizza, si moltiplica nei sottoboschi digitali. Ma ogni parola lascia una traccia, soprattutto nel web. E su quelle ora si lavora. Silenziosamente. Perché un insulto, scritto in un angolo buio dell’internet, può non restare solo un insulto. Può diventare reato. E anche per chi scrive dietro un nickname, il tempo dell’anonimato potrebbe finire. Tra parole criptate e rabbia, i ragazzi che odiano le donne seminano insulti e si aggirano furtivi nei forum. È lì indaga, con attenzione, la Polizia Postale. Dopo l’inchiesta del Messaggero ora si accende il faro degli specialisti delle indagini digitali. I commenti sono esplosi dopo i femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula: decine e decine anche ieri. Nuove chat, nuovi canali, nuovi nickname. Tutti accomunati dallo stesso tono: nessuna pietà e in alcuni casi addirittura soddisfazione.
L’INCHIESTA
La realtà mimetizzata dell’odio ora ha smesso di essere invisibile. «Stiamo osservando e approfondendo il fenomeno che si sta diffondendo sempre di più», spiega Cristina Bonucchi, dirigente dell’Unità di analisi sul crimine della Polizia postale. «Giovani e adolescenti, isolati trovano rifugio online in queste comunità, qualcuno che li capisca. Ma finiscono in una bolla che li rinforza nelle convinzioni peggiori. Che li fa sentire legittimati. Bisogna analizzare l’entità degli insulti per capire quale reato si possa configurare». Nel frattempo, sotto pseudonimi e avatar, decine di utenti si scambiano opinioni, riflessioni, sfoghi. È il “Forum dei brutti”, la punta dell’iceberg. La violenza, nella forma non meno pericolosa delle parole, prende forma, cresce e si struttura. Le donne non possono entrare nei gruppi: bannate o marchiate accanto al nickname, sempre riconoscibili. «Non è semplice entrare in questi canali chiusi, ci vuole tempo. Ma leggendo, e imparando a poco a poco il loro gergo, si capisce tutto», raccontano gli investigatori.
IL DELIRIO
In una chat un utente scrive di Ilaria e Sara: «Quando sento notizie simili, una parte di me gode. L'altra è indifferente». Un altro: «Io onestamente di questa Sara me ne frego. Ha vissuto più lei in 22 anni che l’incel medio in tutta la sua vita. Non ci mancherà». Frasi simili o peggiori non passano inosservate. Per questo, adesso, si indaga. «Le persone si sentono più tutelate a parlare dietro uno schermo. È un fenomeno che conosciamo bene - continua Cristina Bonucchi - ma non è detto che restino invisibili. Stiamo lavorando anche su questo. Ci sono degli strumenti per scardinare i linguaggi criptati e individuare gli autori». Non si tratta solo di insulto. In rete si costruisce un clima, un umore, un vento che spinge in una direzione. «Ogni volta che si dà visibilità a questi spazi, il rischio è di amplificarli. Di farli diventare ancora più attrattivi». Al momento non c’è una connessione accertata tra i due femminicidi e il mondo digitale. Ma qualcosa si muove. Intanto, dentro “il forum dei brutti”, si discute dell’inchiesta. C’è chi scrive: «Esiste la libertà di espressione, può essere eticamente sbagliato ma nessuno vieta di dire che si è cercata la morte con un compagno sbagliato». E così la colpa viene sempre data alla vittima. Altri si dicono preoccupati: «A furia di farci pubblicità peggioreranno tutto e un giorno dovremmo nasconderci dentro casa». La morte di Sara e Ilaria viene liquidata con poche parole. «Se lo sono meritate» scrive uno. C’è chi va a ruota libera: «Rovinarsi la vita per una così? Ma dai, il mare è pieno di pesci». «Ste femministe hanno rotto, se vivessi in America avrei fatto una strage» aggiunge un altro. Un’escalation. Che non si ferma al commento. Che sfocia nel delirio ideologico, nella rabbia repressa, nella minaccia sottile. Dove gli idoli sono Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin e Antonio De Marco, il killer della coppia di Lecce. «La rete - ricorda la dirigente della polizia - purtroppo abbassa le difese, ma non toglie le responsabilità».
La dirigente di Polizia di Stato che non sa fare o ignora volutamente il suo lavoro mi mancava, e che non conosce l'ABC della legge e della libertà d'espressione.Ridicoli!!! Nessuno commette reati su questo spazio digitale, fin quando esprime solo opinioni...
Un ricettacolo di stronzate sparate a mitraglietta proprioIl linguaggio dell’odio si insinua, si mimetizza, si moltiplica nei sottoboschi digitali. Ma ogni parola lascia una traccia, soprattutto nel web. E su quelle ora si lavora. Silenziosamente. Perché un insulto, scritto in un angolo buio dell’internet, può non restare solo un insulto. Può diventare reato. E anche per chi scrive dietro un nickname, il tempo dell’anonimato potrebbe finire. Tra parole criptate e rabbia, i ragazzi che odiano le donne seminano insulti e si aggirano furtivi nei forum. È lì indaga, con attenzione, la Polizia Postale. Dopo l’inchiesta del Messaggero ora si accende il faro degli specialisti delle indagini digitali. I commenti sono esplosi dopo i femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula: decine e decine anche ieri. Nuove chat, nuovi canali, nuovi nickname. Tutti accomunati dallo stesso tono: nessuna pietà e in alcuni casi addirittura soddisfazione.
L’INCHIESTA
La realtà mimetizzata dell’odio ora ha smesso di essere invisibile. «Stiamo osservando e approfondendo il fenomeno che si sta diffondendo sempre di più», spiega Cristina Bonucchi, dirigente dell’Unità di analisi sul crimine della Polizia postale. «Giovani e adolescenti, isolati trovano rifugio online in queste comunità, qualcuno che li capisca. Ma finiscono in una bolla che li rinforza nelle convinzioni peggiori. Che li fa sentire legittimati. Bisogna analizzare l’entità degli insulti per capire quale reato si possa configurare». Nel frattempo, sotto pseudonimi e avatar, decine di utenti si scambiano opinioni, riflessioni, sfoghi. È il “Forum dei brutti”, la punta dell’iceberg. La violenza, nella forma non meno pericolosa delle parole, prende forma, cresce e si struttura. Le donne non possono entrare nei gruppi: bannate o marchiate accanto al nickname, sempre riconoscibili. «Non è semplice entrare in questi canali chiusi, ci vuole tempo. Ma leggendo, e imparando a poco a poco il loro gergo, si capisce tutto», raccontano gli investigatori.
Questa frase poi è spettacolare veramente, pensa a quanto tempo e risorse stanno sprecando per accanirsi contro chi con questi casi non ha nulla a che vedere. Potevano risparmiarsi di scrivere anche "al momento", visto che, come non c'è adesso, una connessione accertata non ci sarà MAI.IL DELIRIO
In una chat un utente scrive di Ilaria e Sara: «Quando sento notizie simili, una parte di me gode. L'altra è indifferente». Un altro: «Io onestamente di questa Sara me ne frego. Ha vissuto più lei in 22 anni che l’incel medio in tutta la sua vita. Non ci mancherà». Frasi simili o peggiori non passano inosservate. Per questo, adesso, si indaga. «Le persone si sentono più tutelate a parlare dietro uno schermo. È un fenomeno che conosciamo bene - continua Cristina Bonucchi - ma non è detto che restino invisibili. Stiamo lavorando anche su questo. Ci sono degli strumenti per scardinare i linguaggi criptati e individuare gli autori». Non si tratta solo di insulto. In rete si costruisce un clima, un umore, un vento che spinge in una direzione. «Ogni volta che si dà visibilità a questi spazi, il rischio è di amplificarli. Di farli diventare ancora più attrattivi». Al momento non c’è una connessione accertata tra i due femminicidi e il mondo digitale. Ma qualcosa si muove. Intanto, dentro “il forum dei brutti”, si discute dell’inchiesta. C’è chi scrive: «Esiste la libertà di espressione, può essere eticamente sbagliato ma nessuno vieta di dire che si è cercata la morte con un compagno sbagliato». E così la colpa viene sempre data alla vittima. Altri si dicono preoccupati: «A furia di farci pubblicità peggioreranno tutto e un giorno dovremmo nasconderci dentro casa». La morte di Sara e Ilaria viene liquidata con poche parole. «Se lo sono meritate» scrive uno. C’è chi va a ruota libera: «Rovinarsi la vita per una così? Ma dai, il mare è pieno di pesci». «Ste femministe hanno rotto, se vivessi in America avrei fatto una strage» aggiunge un altro. Un’escalation. Che non si ferma al commento. Che sfocia nel delirio ideologico, nella rabbia repressa, nella minaccia sottile. Dove gli idoli sono Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin e Antonio De Marco, il killer della coppia di Lecce. «La rete - ricorda la dirigente della polizia - purtroppo abbassa le difese, ma non toglie le responsabilità».
Imparassero come si agisce dal Dottor Raffaele Cantone, Procuratore della Repubblica di Perugia!!!La dirigente di Polizia di Stato che non sa fare o ignora volutamente il suo lavoro mi mancava, e che non conosce l'ABC della legge e della libertà d'espressione.
Quantomeno l'ABC della legge e della libertá d'espressione. Su questi spazi - salvo rari casi, subito sanzionati dalla moderazione - non si viola mai la legge.Imparassero come si agisce dal Dottor Raffaele Cantone, Procuratore della Repubblica di Perugia!!!
Questa è una diffamazione bella e buona comunque. Ora denuncio il giornalista per diffamazione.Il linguaggio dell’odio si insinua, si mimetizza, si moltiplica nei sottoboschi digitali. Ma ogni parola lascia una traccia, soprattutto nel web. E su quelle ora si lavora. Silenziosamente. Perché un insulto, scritto in un angolo buio dell’internet, può non restare solo un insulto. Può diventare reato. E anche per chi scrive dietro un nickname, il tempo dell’anonimato potrebbe finire. Tra parole criptate e rabbia, i ragazzi che odiano le donne seminano insulti e si aggirano furtivi nei forum. È lì indaga, con attenzione, la Polizia Postale. Dopo l’inchiesta del Messaggero ora si accende il faro degli specialisti delle indagini digitali. I commenti sono esplosi dopo i femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula: decine e decine anche ieri. Nuove chat, nuovi canali, nuovi nickname. Tutti accomunati dallo stesso tono: nessuna pietà e in alcuni casi addirittura soddisfazione.
L’INCHIESTA
La realtà mimetizzata dell’odio ora ha smesso di essere invisibile. «Stiamo osservando e approfondendo il fenomeno che si sta diffondendo sempre di più», spiega Cristina Bonucchi, dirigente dell’Unità di analisi sul crimine della Polizia postale. «Giovani e adolescenti, isolati trovano rifugio online in queste comunità, qualcuno che li capisca. Ma finiscono in una bolla che li rinforza nelle convinzioni peggiori. Che li fa sentire legittimati. Bisogna analizzare l’entità degli insulti per capire quale reato si possa configurare». Nel frattempo, sotto pseudonimi e avatar, decine di utenti si scambiano opinioni, riflessioni, sfoghi. È il “Forum dei brutti”, la punta dell’iceberg. La violenza, nella forma non meno pericolosa delle parole, prende forma, cresce e si struttura. Le donne non possono entrare nei gruppi: bannate o marchiate accanto al nickname, sempre riconoscibili. «Non è semplice entrare in questi canali chiusi, ci vuole tempo. Ma leggendo, e imparando a poco a poco il loro gergo, si capisce tutto», raccontano gli investigatori.
IL DELIRIO
In una chat un utente scrive di Ilaria e Sara: «Quando sento notizie simili, una parte di me gode. L'altra è indifferente». Un altro: «Io onestamente di questa Sara me ne frego. Ha vissuto più lei in 22 anni che l’incel medio in tutta la sua vita. Non ci mancherà». Frasi simili o peggiori non passano inosservate. Per questo, adesso, si indaga. «Le persone si sentono più tutelate a parlare dietro uno schermo. È un fenomeno che conosciamo bene - continua Cristina Bonucchi - ma non è detto che restino invisibili. Stiamo lavorando anche su questo. Ci sono degli strumenti per scardinare i linguaggi criptati e individuare gli autori». Non si tratta solo di insulto. In rete si costruisce un clima, un umore, un vento che spinge in una direzione. «Ogni volta che si dà visibilità a questi spazi, il rischio è di amplificarli. Di farli diventare ancora più attrattivi». Al momento non c’è una connessione accertata tra i due femminicidi e il mondo digitale. Ma qualcosa si muove. Intanto, dentro “il forum dei brutti”, si discute dell’inchiesta. C’è chi scrive: «Esiste la libertà di espressione, può essere eticamente sbagliato ma nessuno vieta di dire che si è cercata la morte con un compagno sbagliato». E così la colpa viene sempre data alla vittima. Altri si dicono preoccupati: «A furia di farci pubblicità peggioreranno tutto e un giorno dovremmo nasconderci dentro casa». La morte di Sara e Ilaria viene liquidata con poche parole. «Se lo sono meritate» scrive uno. C’è chi va a ruota libera: «Rovinarsi la vita per una così? Ma dai, il mare è pieno di pesci». «Ste femministe hanno rotto, se vivessi in America avrei fatto una strage» aggiunge un altro. Un’escalation. Che non si ferma al commento. Che sfocia nel delirio ideologico, nella rabbia repressa, nella minaccia sottile. Dove gli idoli sono Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin e Antonio De Marco, il killer della coppia di Lecce. «La rete - ricorda la dirigente della polizia - purtroppo abbassa le difese, ma non toglie le responsabilità».
Non c'è il nome del giornalista o della giornalista autrice? Lo contatto. Io sono diffamato da questi articoli perchè la mia identità reale è nota. Potrei benissimo querelare.
Perché, che rischi ci sarebbero per il forum? Comunque tienici aggiornati.Ho scritto a Laura Pace, autrice dell'articolo, annunciandole la querela.
o visto il suo profilo su X, è l' archetipo dell' ultra femministaSi chiama Laura Pace, ed è autrice di entrambi gli articoli apparsi sul Messaggero (quello di ieri anche su Il Gazzettino).
A me sembra una femminista disinformata media da Instagram, ma non così radicale... sicuro che sia lei?H
o visto il suo profilo su X, è l' archetipo dell' ultra femminista
Ho visto il suo profilo su X, è l' archetipo dell' ultra femminista