mcanrew
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https://www.corriere.it/tecnologia/...eo-d4fed6d2-dfec-4253-801b-0dcca7c4bxlk.shtml
A sorpresa i nativi digitali vorrebbero che i social network che provocano più dipendenza non fossero mai esistiti: il 34% non vorrebbe Instagram, il 37% Facebook, il 43% Snapchat, il 47% TikTok, il 50% X/Twitter.
Eppure oggi è praticamente impossibile evitare i social: più della metà delle persone al mondo usa qualche social network. Tra di loro non c’è la scrittrice Zadie Smith. Smith dice che tutte le persone che conosce sono diverse da come erano prima del 2008, l’anno in cui hanno iniziato a diffondersi massicciamente smartphone e social network (a cominciare da Facebook, l’apripista).
Perché il problema è la struttura, non il contenuto: è il fatto che oggi quasi tutta la nostra esperienza è ormai mediata dalla tecnologia che fruiamo sugli smartphone. Zadie Smith, a ragione, chiama i cellulari «sistemi di modifica del comportamento». In un certo senso la tecnologia ha sostituito la religione. Un tempo era il prete nel confessionale che ti diceva cosa dovevi fare, in nome di una verità condivisa e indiscutibile. Oggi è l’app che regola il sonno o la veglia, quella per fare attività fisica, quella per la nutrizione o il ciclo mestruale. Google Maps, che ti indica che strada fare, Instagram, TikTok, o X che ti dicono cosa e chi desiderare o come pensare. Per molte persone è diventato normale andare su ChatGpt e chiedere che film guardare, dove andare in vacanza o che ingredienti mettere sulla pizza.
Aggiungo anche: Tinder, e sapete bene per cosa.
Tutti questi sistemi rispondono a una logica comune: quella del profitto, della viralità e dell’engagement, che sfruttano le emozioni basilari (la rabbia, l’invidia sociale, la gratificazione istantanea) per portarci a stare sempre di più sui nostri dispositivi.
In questo senso la tecnologia è ormai l’ideologia dominante, nel senso che dava Marx a questo termine: un sistema di valori e rappresentazioni così radicato che lo diamo per scontato, pensiamo che sia la realtà oggettiva e “naturale”. E invece, come tutto, è il frutto di valori e scelte.
A sorpresa i nativi digitali vorrebbero che i social network che provocano più dipendenza non fossero mai esistiti: il 34% non vorrebbe Instagram, il 37% Facebook, il 43% Snapchat, il 47% TikTok, il 50% X/Twitter.
Eppure oggi è praticamente impossibile evitare i social: più della metà delle persone al mondo usa qualche social network. Tra di loro non c’è la scrittrice Zadie Smith. Smith dice che tutte le persone che conosce sono diverse da come erano prima del 2008, l’anno in cui hanno iniziato a diffondersi massicciamente smartphone e social network (a cominciare da Facebook, l’apripista).
Perché il problema è la struttura, non il contenuto: è il fatto che oggi quasi tutta la nostra esperienza è ormai mediata dalla tecnologia che fruiamo sugli smartphone. Zadie Smith, a ragione, chiama i cellulari «sistemi di modifica del comportamento». In un certo senso la tecnologia ha sostituito la religione. Un tempo era il prete nel confessionale che ti diceva cosa dovevi fare, in nome di una verità condivisa e indiscutibile. Oggi è l’app che regola il sonno o la veglia, quella per fare attività fisica, quella per la nutrizione o il ciclo mestruale. Google Maps, che ti indica che strada fare, Instagram, TikTok, o X che ti dicono cosa e chi desiderare o come pensare. Per molte persone è diventato normale andare su ChatGpt e chiedere che film guardare, dove andare in vacanza o che ingredienti mettere sulla pizza.
Aggiungo anche: Tinder, e sapete bene per cosa.
Tutti questi sistemi rispondono a una logica comune: quella del profitto, della viralità e dell’engagement, che sfruttano le emozioni basilari (la rabbia, l’invidia sociale, la gratificazione istantanea) per portarci a stare sempre di più sui nostri dispositivi.
In questo senso la tecnologia è ormai l’ideologia dominante, nel senso che dava Marx a questo termine: un sistema di valori e rappresentazioni così radicato che lo diamo per scontato, pensiamo che sia la realtà oggettiva e “naturale”. E invece, come tutto, è il frutto di valori e scelte.