L'emancipazione femminile è stata una delle poche rivoluzioni pulite.
Non perfetta, certo, ma necessaria.
Le donne non devono più sposarsi per campare, non devono più restare con un bruto solo perché “così si fa”.
E questa, che piaccia o no, è una vittoria della civiltà.
Non del femminismo, non dell’ideologia: della libertà umana.
È chiaro che viviamo in tempi superficiali, lo siamo tutti, uomini e donne, ridotti a scorrere volti come figurine su uno schermino del cazzo.
Per me è effetto collaterale del capitalismo: tutto a portata di mano, tutto sostituibile, pure l’amore.
Ma non confondiamo la malattia del mercato con la libertà di scelta.
Il patriarcato era un sistema che imponeva ruoli, non che creava equilibrio.
Ha generato milioni di coppie infelici, di vite strozzate, di donne che si “accontentavano”.
Non sono uno scienziato, ma penso ci sia una base biologica nelle dinamiche tra i sessi: la donna seleziona, l’uomo tenta.
È la vecchia danza evolutiva, la caccia e la scelta.
Ma la biologia non è una prigione, è come un istinto che la cultura può sublimare/trasformare.
La donna non è più la guardiana del focolare che aspetta il cacciatore: è una persona che costruisce la sua vita e, se vuole, la condivide.
La superficialità che vediamo oggi non è colpa dell’emancipazione: è il prezzo della libertà in un mondo senza bussola.
Prima avevamo le catene, adesso abbiamo il vuoto.
Ma il vuoto almeno si può riempire.
E allora che il patriarcato muoia pure.