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FILIPPO, HAI PERSO TE STESSO
Chi di noi non si è trovato nel corso della propria vita ad imbattersi in momenti di grosse tensioni affettive? Forse che, in quanto uomini, non siamo stati attratti da donne che ci abbiano fatto innamorare ma che non hanno voluto ricambiare il nostro potente sentimento di desiderio? O che quello che sembrava dovesse essere un amore eterno si sia improvvisamente infranto? Ed allora? Abbiamo metabolizzato l'accaduto! C'è chi si è messo alla ricerca di un'altra donna (un cinico 'chiodo scaccia chiodo'). Chi ha deciso di scrivere poesie o di scaricare il dolore nel disegno e nella pittura (il salvifico rifugio nell'arte). Chi è salito su un treno, abbandonando tutto, con l'idea di girare il mondo (per dimenticare). Chi ha raccolto le forze e ha deciso di continuare finché il tempo non sani (il buon senso). Qualcuno, forse, potrebbe anche essere stato attraversato da pensieri negativi (capita). Ma da qui all'omicidio, od anche talvolta al suicidio, il passo è troppo lungo! Il concetto di eliminare una vita, la propria o quella di un'altro, non dovrebbe neanche sfiorare la mente umana. La vita è troppo sacra perché possa essere assoggettata alla nostra volontà. Altrimenti perché dovremmo scandalizzarci dei morti in Ucraina, di quelli di Israele, di quelli di Gaza, di quelli nello Yemen, di quelli di Cutro,...? Il "non ammazzare" non è un comandamento, non è un insegnamento, non è un'imposizione. Deve essere dentro di noi! Essì, perché la vita siamo noi: rispettando lei, diamo dignità a noi stessi.
Filippo Turetta, ed ora? Ti tormenterai per tutto il tempo della tua vita. Guardandoti allo specchio, potrai solo disprezzarti.